La regione andina dal Peru meridionale si allunga nel vasto altipiano arido della Bolivia e nella selvaggia desolazione appare come magnifico miraggio il contrasto di intenso blu del Titicaca, Il lago del puma o Titi Khar’ka, come era chiamato nella lingua indigena aymara dagli antenati che popolano la regione. Nel grande lago rimangono ancora le islas Uros ove sopravvivono gli ultimi indigeni Kot’Suns o Gente del Lago, tra le più antiche popolazioni andine definiti Uros come selvaggi dalle altre giunte poi nella regione, che da secoli con gli alti giunchi di totora, hanno costruito le loro leggere imbarcazioni e le isole Flotantes. L’antica società tribale è fondata su quattro clan divisi nei piccoli villaggi galleggianti con sacrari dai tumuli che rappresentano gli spiriti Mulku che esigono offerte e sacrifici di animali nelle cerimonie, come gli altri spiriti Achachila protettori del clan e della tribù, mentre hanno ereditato il culto della divinità Pachamama, dalle altre popolazioni. Assieme a quelli degli Aymara giunti più tardi, i loro antenati popolarono da epoche remote gli altipiani attorno al grande lago Titicaca, probabili discendenti della stirpe indigena che fondò una delle più fiorenti culture andine nel II secolo a.C., divenuta tra l’ VIII e IX secolo d.C. la civiltà di Tiwanaku o Taypikala. Nella mitologia andina il Titi-Kaka era il Lago del Puma, centro del modo con due isole che furono trasformate nel Sole e la Luna, qui fu creata la prima stirpe dei giganti di pietra e poi l’ umanità. Le sue sponde erano popolate dai fondatori della cultura di Tiwanaku e il suo regno che giunse a dominare gli altipiani settentrionali boliviani fino alla costa peruviana e la limitrofa regione cilena. L’ omonima capitale e centro sacro fu fondata nel II secolo a.C., ampliata nei successivi e circondata da un fossato su tre lati con il quarto aperto su un canale che lo collegava al lago Titicaca. La sua edificazione monumentale iniziò quattrocento anni dopo e nella seconda metà del IV secolo d.C. raggiunse il suo apogeo con grandi templi ed edifici religiosi dai maestosi portali decorati, statue, stele incise e sculture. Ne rimangono i suggestivi resti nel sito che ne prende nome come Tiwanaku o Tihuanaco, la potente città dalla raffinata cultura simboleggiata nel grande centro sacro di quella civiltà, la suggestiva Inti Punku nota come Puerta del Sol dalla rappresentazione ideografica con al centro il il Sole Piangente che raffigura la divinità suprema detta Dio dei bastoni che stringe nelle mani, simile alle rappresentazioni della divinità felina fondamento religioso della cultura di Chavìn che fiorì nella regione andina settentrionale del Peru. Considerato anche come un grande calendario solare di pietra avvolto nei misteri, la figura del Sole piangente ha i raggi che terminano in teste di giaguaro e stringe due bastoni di comando decorati con teste di condor e felini, mentre copiose lacrime scorrono sull’enigmatico volto che guarda lo sconfinato altipiano, ispirando il mito andino della creazione comune alle altre culture e la loro divinità suprema Viracocha.
Il Centro sacro Tiahuanaco
Nella vasta area di Tiwanaku gli antichi costruttori hanno seguito l’andamento geologico del territorio con ampi spazi cerimoniali chiusi e decorati da grandi pietre monumentali perfettamente tagliati ed incastrati che hanno ispirato la grande architettura incaica successiva nella Valle Sacra con i suoi templi e fortezze rimasta tra le più grandi e perfezionate creazioni delle civiltà precolombiane in Sud America. Su un colle artificiale, tagliando la sommità pianeggiante, in sette livelli terrazzati fu edificato il grande tempio di Akapana dalla corte pavimentata in lastre di arenaria e andesite, le terrazze con canali di pietra ove scorrevano le acque drenate, decorato da figure antropomorfe dalla testa di puma era probabilmente consacrato a culti dalle ritualità sciamaniche. Nel centro sacro l’ imponente Tempio delle Pietre Fermate di Kalasasaya affaccia su un’ ampia corte cerimoniale racchiusa tra alte colonne e mura in arenaria un tempo decorate con teste di pietra sporgenti, si accede da una scala colonnata e nel recinto si trova l’alto monolite di Ponce che doveva rappresentare una divinità, un sommo sacerdote o un sovrano raffigurato impugnante un vaso cerimoniale Kero in una mano e uno scettro nell’ altra. Poco distante l’ altro monolite del Fraile, così chiamato dagli spagnoli per la sua somiglianza con un frate, che raffigura un essere mitico anch’ esso impugnante uno scettro e un vaso Kero cerimoniale. Alta poco più di due metri la Puerta de la Luna come venne denominata dagli spagnoli che lo ritenevano un sacro portale dedicato alla Luna, scolpita in un unico blocco di pietra andesite decorata da fregi che raffigurano esseri mitici zoomorfi simili ad alcuni della più celebre ed alta che si erge nell’ angolo nord occidentale celebrata come la Puerta del Sol. Le decorazioni in rilievo del fregio superiore su tre file raffigurano quarantotto esseri mitologici dal copricapo piumato che recano teste umane o uccelli, sotto una fila di disegni geometrici e al centro la divinità che impugna bastoni e teste di condor nelle mani, dalla maschera solare con il volto piangente che rappresenta la benefica pioggia diramano diciannove raggi da dove pendono teste di puma o teschi. Una mistica raffigurazione divina che, come quella felina di Chavìn, ha ispirato la suprema divinità delle culture andine precolombiane Viracocha e il mito diffuso tra quelle popolazioni della creazione e la fine del mondo come Pachacuti. Noto come il Tempio semi sotterraneo, dalle mura esterne decorate da teste di pietra sporgenti si accede da una scala al cortile cerimoniale ove al centro sono state rinvenute statue e steli come la suggestiva Estela Pachamama chiamata anche monolite Bennett che si erge per oltre sette metri, probabilmente raffigurava un sovrano o un sommo sacerdote che reca la coppa cerimoniale kero in una mano e stringe un bastone di comando nell’altra, decorata con trenta piccole raffigurazioni di esseri mitici ed animali. Ad ovest del centrale Kalasasaya il tempio Pumapunku o la Porta del Puma anch’ esso affacciato su un cortile cerimoniale, ma diversamente dagli altri ha portali di pietra dai grandi architravi monoliti come ingresso all’ intero centro sacro. Nell’ edificazione del sacro centro cerimoniale è stata anche ipotizzata una sorta di archeoastronomia ispiratrice del Kalasasaya secondo i controversi calcoli dell’ archeologo austriaco Posnansky che teorizzava l’ origine preistorica di quella cultura e la fondazione molto precedente della monumentale città sacra di Taypikala, alimentando le successive teorie e spesso fantasie sulle misteriose origini e significati dei Templi di Tiahuanaco come l’ enigmatica città di pietra Puma Punku. Tra storia, leggenda e varie teorie più o meno fantasiose l’ antico sito, oltre il suggestivo centro sacro si stende tra i resti della città di Tiwanaku ove sono sepolte le rovine di palazzi, magazzini ed edifici residenziali in pietra con cortili circondati da mura, come quello delle stanze multicolori dalle pareti affrescate, tra canali, cortili pavimentati e nicchie i palazzi nobili affacciavano sui sepolcri dai ricchi corredi funerari in oro, argento, turchesi e fini ceramiche decorate, mentre il resto della popolazione abitava in più semplici edifici in mattoni di fango essiccato adobe.
L’ arte di Tiahuanaco
L’ architettura monumentale e l’ arte Tiwanaku, a lungo avvolta nei suoi misteri, fu in parte influenzata dalla cultura di Chavìn nelle sue similitudini religiose e mitologiche che ne hanno ispirato la simbologia, Tiahuanaco si colloca nell’ era andina del periodo intermedio antico tra il II secolo a.C. e il VI d.C. come la cultura Pucará o Pukara. La divinità centrale nella Puerta del Sol, così come le figure di esseri mitologici, creature alate, figure umane con teste di falco e condor, trofei di teste tagliate ed altre decorazioni architettoniche, si trovano nelle sculture e la ceramica. Alcune statue di pietra probabilmente rappresentavano la mitologica stirpe dei giganti comparsa sulla terra prima dell’ umanità, altre sovrani, dignitari e sacerdoti, originariamente policrome e vestite con tessuti. Altre raffiguravano i guerrieri mitici chachapumas dalla testa di puma con una testa in una mano e un coltello nell’ altra che, assieme alle raffigurazioni di teste nelle mura e i ritrovamenti di teschi umani, testimoniano la decapitazione come scacrificio rituale, così come i ritrovamenti di resti umani a pezzi in sepolcri comuni fanno pensare a sacrifici collettivi. La raffinata ceramica di recipienti e vasi è decorata da figure antropomorfe in arancione e dipinti policromi di animali, divinità e disegni geometrici, vasi in forma di teste umane dalle diverse fatture ed espressioni come ritratti di personaggi o modelli, diffusa dai commerci in gran parte dell’ altipiano andino la ceramica di Tiahuanaco ha ispirato quella delle culture contemporanee e successive. Così come le creazioni da abili tessitori di tuniche finemente decorate da geometrie e motivi floreali, elaborati copricapo, stoffe di vario genere policrome con disegni mitologici, divinità, animali, personaggi e geometrie simili alle decorazioni ceramiche. Ormai in declino l’antica cultura della leggendaria Taypikala con il suo vasto regno scomparve nell’ XI secolo con l’ invasione dei bellicosi Aymara che dominarono il territorio dai loro centri fortificati nella regione del Titicaca divisi nei reami dei Colla, Pacaje, Canchi, Cana, Lupaka e Umasuyo, il suo grande centro sacro sopravvisse ancora per poco, probabilmente devastato anche da siccità venne abbandonato lasciando i misteri di Tiwanaku e ne rimasero i grandiosi resti con i muti monoliti dallo sguardo perso sull’ altipiano tra queste maestose rovine dall’ immutato fascino senza tempo.