A dispetto del nome Odorico da Pordenone ebbe natali in Friuli a Udine, come afferma Il Liber certarum historiarum di Johan di Viktring, altre cronache trecentesche acennano ad un Odolricus puer fratrum Minorum, ordinato nei Frati Minori in Gemona nel 1296, distintosi per erudizione sembra studiò in una delle scuole per missionari ove si apprendeva l’ ebraico, l’ arabo ed altri idiomi orientali, viaggiando per molte città italiche.
Pronto per l’ Asia nella prima missione s’ accompagnò al socius Giacomo d’Irlanda e ne trasse una Relatio Itinerarium ove afferma d’ essersi imbarcato a Venezia al fine del 1318 per giungere sul Mar Nero nel territorio del cristiano regno di Trebisonda per procedere nella siriaca antica città di Homs e quindi in terre islamiche a Baghdad che ancora recava le devastazioni dalla presa dei mongoli guidati da Hulagu Khan nel 1258, continuando in Persia e lungo la costa ad Hormuz imbarcandosi nell’ Oceano Indiano sull’ antica rotta delle spezie.
Giunse sulla costa indiana a Thane ne’ pressi ove poi sorse Mumbai nel 1321 annotando d’ aver avuto notizia dell’ uccisione dei confratelli missionari Tommaso da Tolentino, Giacomo da Padova, Pietro da Siena e Demetrio da Tiflis, ne recuperò dei resti dei primi tre da portare come martyrum reliquiae al vescovado della Dioecesis Zaitonensis di Zayton nella cinese Canton Guǎngzhōu.
Nella sua Relatio Itinerarium annota che in India trovò popoli idolatri osservandone le tradizioni induiste pur essendovi da poco imposte quelle islamiche dai conquistatori musulmani. Scese per il Karnataka e lungo le coste di coste del Malabar in Kerala giungendo a Chennai divenuta poi Madras si recò al sepolcro che la tradizione voleva essere di Tommaso apostolo, pur continuando ad annotare brevemente luoghi e popolazioni con i tempi impiegati negli spostamenti, la Relatio Itinerarium da qui in poi si rivela confusa. Sicuramente il suo spirito di curioso esploratore lo induceva a lunghe deviazioni seguendo quelle ch’ erano le più orientali rotte delle spezie.
Ho percorso i probabili itinerari di Odorico da Pordenone e altri prima e dopo di lui su quelle rotte che incrociano territori e popolazioni ove si conservano le suggestioni di affascinanti ambienti, storia, costumi e tradizioni. Seguendo la Relatio Itinerarium del missionario friulano si sa che passò per Ceylon risalendo la costa indiana fino al Bengala e incrociando le isole Andamane, ove poco è mutato dal’epoca se non la presenza di pochi coloni.
Da lì scendendo lungo la Birmania e le coste della Malesia, la Via delle Spezie orientale incrociava quella dell’ Indonesia facendo rotta per Sumatra e vicina Giava risalendo lungo l’ Indocina per raggiungere il porto di Guǎngzhōu Canton. Da qui le note della Relatio tornano ad essere precise proseguendo attraverso il Cathay ove si identificano le città di Quanzhou nel Fujian, la costiera Hangzhou sulla foce del Qiatang, Nanchino Nánjīng, Yangzhou e altri centri nella Cina mongola della dinastia Yuan.
Non si conosce la data d’arrivo è nella capitale imperiale tra il 1322 e il 1325, ma finalmente giunse a Khanbaliq ove regnava Yesün Temür Khan discendente del grande Kublai che aveva accolto Marco Polo . In quella Pechino imperiale da tempo v’ era la grande missione dell’ Archidioecesis Pechinensis che coltivava le anime della comunità cristiana fondata dal francescano beatificato arcivescovo Giovanni da Montecorvino che dal 1307 lo era anche dell’ intero oriente per volere di Clemente V.
Quando vi giunse Odorico da Pordenone la sede metropolita dell’Asia era stata spostata nella Persia settentrionale a Soltaniyeh, ma l’arcidiocesi di Pechino rimaneva di grande rilievo per l’ evangelizzazione dell’ oriente estremo. Sicuramente il friulano vi incontrò il celebre arcivescovo tuttavia non v’ è nota nella sua Relatio Itinerarium Terrarum , Giovanni da Montecorvino morì durante la sua permanenza nel 1328 e probabilmente Odorico tornò per informare il papato sulla situazione e riorganizzare la diocesi.
Rimase un po’ a corte annotando ciò che gli sembrava rilevante e a tre anni dalla partenza tornò seguendo la via dell’ Himalaya nell’ ignoto Tibet e di li prese una delle vie dell’Asia attraversando la Persia e il territorio dell’Armenia fino alla città di Trebisonda Trapesunta sulla costa del mar Nero nella Turchia orientale ove s’ imbarcò su un vascello della Serenissima per Venezia.
Giunto poi a Padova nel 1330 dettò con dovizia del suo viaggio al confratello Guglielmo di Solagna il Relatio de mirabilibus Orientalum Tatarorum dalle ampie note sul Vero Catai, se le descrizioni di luoghi e popoli erano piuttosto precise, un po’ confuse erano molte note su alcuni itinerari seguiti, mentre decisamente fantasiose i riferimenti ad eventi e figure leggendarie come il Presbyter Johannes meglio noto in vulgo Prete
Gianni, forse a soddisfare l’ancor persistente necessità di mirabilia .
Dovendosi recare al soglio pontificio avignonese sulla via s’ammalò tornando nella sua Udine ove spirò e fu inumato nella cattedrale e beatificato da Benedetto XIV a metà del settecento. Ha lasciato la sua Relatio che s’annovera nella grande letteratura di viaggio medievale che andava ad estendere la conoscenza del mondo e a guidare altri intrepidi viaggiatori.
« … E havìa facto sopra altissimi monti, che circhiava intorno una valle, un muro grossissimo et alto, et gyrava intorno ma miglia, et andava seper doi porte dentro et erano occulte, forate nel monte »
Estratto da: Paolo del Papa Viaggiatori ed esploratori. Vol. Asia : Medioevo,Gli europei. ©
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