I popoli del Xingu brasiliano

I popoli del Xingu

Nell’ immensa regione dell’ Amazzonia brasiliana, tra il Rondônia, Pará e Amazonas a nord, il Goià a sud e verso la Bolivia orientale, si estende con foreste e savane quella che è stata chiamata Foresta fitta del Mato Grosso, una parte è sempre stato il territorio tradizionale del grande popolo Bororo che si stende fino agli affluenti del grande fiume Xingu ove è sorto il Parque Nacional Indígena do Xingu a proteggere le altre popolazioni indigene del territorio. Popoli sopravvissuti alla devastante avanzata di coloni, cercatori d’ oro e avventurieri d’ ogni risma, che tornano ad essere minacciati dalla costruzione della grande diga di Kararaô o Belo Monte per l’ enorme centrale idroelettrica che rischia di stravolgere l’ ambiente ove queile popolazioni hanno trovato rifugio e che da esso dipendono per la loro sopravvivenza. Oltre ad attirare lavoratori per la costruzione della diga, i centri sorti nella regione ai margini della riserva, anche qui come in altre regioni amazzoniche che ho visto devastate in pochi anni, sono divenuti ricettacolo di avventurieri e criminalità, prostituzione, droga e violenza. Il parco del Xingu è uno dei pochi territori ove le popolazioni che vi sopravvivono sono riuscite a resistere alla devastazione e lo scempio che continua sui popoli indios brasiliani, nelle condizioni di miseria e travolti da indicibili violenze come li ho trovati e raccontati. Tra le sue savane meridionale e le foreste settentrionali da dove sorge il fiume Xingu, che lo attraversa e ne da il nome, fu la prima riserva proclamata nel 1961 dopo il riconoscimento della Terra indigenas dal governo brasiliano, ostacolati a lungo da possidenti, allevatori e compagnie minerarie, protagonisti ne furono i tre fratelli Villas-Bôas Orlando, Claudio e il più giovane Leonardo che quei popoli onorano come mitici eroi nelle loro tradizioni. Nel Parque Xingu sopravvivono ventisei popoli di diverse lingue e tradizioni, dall’ esistenza interamente legata alla foresta e le savane dove hanno vissuto da sempre in armonia, trasmettendone la conoscenza per generazioni a fondamento della loro cultura. Nella regione dell’ Alto Xingu presso le sorgenti del fiume trecentotrenta Suyá chiamati anche Kisêdjê, poco a sud con un centinaio di sopravvissuti quella dei Nahukwá sono la tribù più piccola che popola il territorio. Scendendo un migliaio di Kayabì o Kaiabi chiamati anche Kawaiwete, Paruae e Maquiri di lingua Tupi Guaranì, simile a quella degli Apiaká rimasti anch’ essi un migliaio, dei Kamayurá che popolano la zona del lago Ipavu e la confluenza dei fiumi Kuliseu e Kululene, gli Asurini del Xingu che si definiscono Vera gente o Awaetè nella loro lingua, sopravvissuti in centoventi nei villaggi sul Rio Piçava. Altrettanti sono i Trumai rimasti che nella loro lingua si chimano Ho kod ke, duecento Mehinaku di lingua Arawakan come i vicini trecentoventi Waura o Wauja, probabili discendenti di varie tribù che arrivarono nella regione tra il IX e il X secolo. Duecentoquaranta Yudjá o Jaruna tra fiumi Curisevo e Tuatuarí, centotrenta Aweti nel villaggio Tazu’jyretam e un altro minore, mentre sono rimasti trecentocinquanta i Kamaiurà. Più a sud tra il fiume Tuatuari e Kuluene duecento Yawalapiti o Jaulapiti, Trecentoventi cacciatori e raccoglitori di lingua Caribe Amonap Ikpeng, chimati anche Txicão e Chicao, i circa quattrocento cacciatori e pescatori Kalapalo anch’ essi di lingua Amonap come gli altrettanti Kuikuro e il centinaio che vivono nella parte meridionale del parco noti come Matipu o Mehinaku.

Le tradizioni del Xingu

Le popolazioni del Xingu sono tradizionalmente cacciatori e raccoglitori, della caccia si occupano gli uomini, le donne si dedicano alla raccolta nella foresta e la coltivazione dei campi attorno ai villaggi, mentre la pesca per alcune è collettiva. Sull’Alto Xingu i villaggi hanno grandi capanne comunitarie dai tetti di paglia sapé, in ognuna abitano più fratelli con le loro famiglie che crescono nel tempo con cugini e parenti di generazione ascendente con un capo dirige tutti i residenti nelle attività quotidiane. Sono disposte su un perimetro ovale attorno allo spiazzo centrale con al centro la Casa degli uomini che contiene anche i Flauti sacri da suonare nelle cerimonie all’ interno o la notte davanti alla casa, tradizionalmente sottratti alla vista delle donne. Nel centro del villaggio il capo riceve ospiti dagli altri e tiene i suoi discorsi alla comunità, vi si celebrano le cerimonie collettive e i lunghi riti funebri, oltre alla cerimoniale lotta huka huka tra gli uomini di rango e valore. I popoli dell’Alto Xingu hanno vita e tradizioni simili nelle cerimonie, rituali, matrimoni e formazione dei giovani, accomunati da comportamenti come quello dato dalla moderazione nel temperamento, generosità e aiuto rispetto agli altri. Anche molti costumi e artigianato sono comuni alle varie popolazioni, come le succinte vesti femminili uluri e quelle maschili, i capelli corti di forma ovale per gli uomini e lunghi per le donne, dipinti sul corpo per entrambe. La produzione di oggetti di valore simbolico come le panche zoomorfe scolpite, i lanciatori di dardi da usare nel rituale Jawari e il tradizionale uso dell’ arte plumaria ornamentale che si esprime ancor più suggestiva nel lungo rituale del Kwarup , quando le comunità di più villaggi si ritrovano periodicamente celebrando le cerimonie tribali collettive con danze accompagnate dai flauti sacri e canti. Simili, ma più limitate e diversificate le tradizioni tra i popoli del Basso Xingu, a volte in contrasto con gli altri, mentre nell’ organizzazione sociale e rituale sono diverse mitologia e cosmologia.

La mitologia indigena

Secondo la mitologia del popolo Yawalapiti, comune agli altri dell’ Alto Xingu, Il mitico demiurgo Kwamuty soffiando il fumo di tabacco diede la vita a tronchi tenuti a lungo isolati creando le prime donne e la madre dei gemelli Sole e Luna che furono gli archetipi dell’umanità. Questa madre fu la prima ad essere onorata con la cerimonia della ritualità funebre Itsatí, nota come Kwarup così chiamata dai Kamaiurá, celebrata con lo stesso nome da tutte le popolazioni dell’Alto Xingu. Gran parte dei rituali hanno origine dalla visione dei primi umani del cielo, terra ed acqua, le sfere cosmologiche che possiedono ognuna i suoi valori. Il cielo, chiamato añu dagli Yalapiti e taku da altre popolazioni, ospita gli uccelli e gli spiriti dei defunti, dominato dall’ essere mitico nelle sembianze di una poiana a due teste proprietario del cielo, nell’ acqua dei fiumi uiña e le lagune iuiá, vivono i pesci e gli spiriti più importanti. La terra si differisce a seconda degli eventi mitici, i suoi elementi e la vegetazione che la copre, nelle sue profondità vive l’ essere mitico wipiti itsitsu, rappresentato in una grassa donna dall’ unico seno che allatta le donne defunte e si accoppia con spiriti maschili, mentre la superfice con la foresta uku ospita gli animali e gli spiriti, il villaggio putaka con le dimore degli umani. Gli umani ipuñiñiri si dividono negli indigeni Warayo come tribù putáka in contrasto con altri popoli, essi si nutrono di animali apapalutapa-mine, sono coraggiosi Kañuká e riconoscibili dai capelli ed ornamenti. Dopo i primi contatti, come umani sono riconosciuti i bianchi caraíba, mentre le altre razze più recentemente conosciute sono considerati indigeni misteriosi warayo-kumã. Tra le popolazioni dell’ Alto Xingu gli esseri mitici originari si sono modificati nella loro successione, I primi antenati umani furono scolpiti nel legno dal creatore, ma non ne ha potuta evitare l’ irreversibilità della morte nella discendenza, ricordata nella cerimonia del Kwarup, ove i tronchi di legno sono simbolo dei defunti . I gemelli celesti del Sole e la Luna hanno modellato gli umani lasciandone le loro vicende mitiche nelle pratiche rituali dello sciamanesimo, la scarificazione del viso e la pittura del corpo simboliche come la lotta rituale. Il mito guida e giustifica il presente, dappertutto rimangono i luoghi ove sono avvenuti eventi mitologici, anche le cerimonie sono fondate dagli esseri mitici e il mondo è popolato da essi che risalgono alle origini, i creatori dell’umanità vivono ancora in un luogo del territorio chiamato Morená, il mito non ha tempo ed è sempre presente nella sua concezione umana. Le cerimonie sono sempre legate all’universo mitico, quelle che prendono nome da di uno spirito che ha causato eventi in un villaggio ove danzatori e suonatori lo rappresentano, quelle che coinvolgono vari villaggi, come la celebrazione degli aristocratici defunti Kwarup e il duello cerimoniale delle frecce Jawari, ciò che avviene nelle ritualità collettive di più villaggi è descritto nel mito, ma non ne è solo la rievocazione, giacchè l’ identica riproduzione è impossibile, così come il creatore non è risuscito a far rivivere i primi umani inaugurando così la mortalità celebrata nel lungo e complesso rituale del Kwarup.

Sciamanesimo e cerimonie

L’ esistenza umana è legata ad una gran quantità di esseri sovrannaturali ed ogni cosa ha il suo spirito, animali, piante, luoghi ed oggetti come quelli più potenti nei Flauti sacri proibiti alle donne, ma legati al rituale femminile del Yamuricumã. Gli esseri sovrannaturali e spiriti sono dappertutto, ma non nei villaggi dove appaiono solo in alcuni eventi e malattie da esorcizzare con la ritualità sciamanica, gli spiriti provocano eventi e causano le malattie quando appaiono agli umani nella foresta, ma anche gli sciamani possono vederli per curare gli infermi con i lori rituali e lo stato di trance. La loro relazione con gli umani si verifica solo personalmente attraverso la malattia che è sempre dovuta ad un contatto con il mondo sovrannaturale nell’ incontro casuale con uno spirito o per effetti della magia nera, per curare l’ infermità lo sciamano contatta lo spirito che l’ ha causata nel rituale che, aspirando fumo di tabacco con altre sostanze provoca uno stato di trance per poi soffiare il fumo sull’ infermo scacciando il maleficio. Lo sciamano sa controllare la relazione tra gli umani del villaggio e il mondo soprannaturale regolando le relazioni tra gli uomini e gli spiriti che abitano la foresta e le acque, sa interpretarli comunicando con loro per mutarne gli eventi che provocano e e curarne le infermità che causano, anche quelle provocate dalla stregoneria praticata da individui malvagi che si nascondono nel villaggio o nei vicini e che possono trasformarsi in animali nella foresta. Tra le varie cerimonie Il Kwarup è il fondamentale rituale per tutti i popoli del Xingu, celebra l’ origine degli umani ad opera del mitico demiurgo che ha dato la vita soffiando il fumo del tabacco su tronchi di legno creando le prime donne con la madre dei gemelli Sole e Luna come archetipi e fondatori dell’umanità. Ad essa è consacrata la prima cerimonia dei morti che rievoca la creazione primordiale e allo stesso tempo presenta le giovani uscite dalla pubertà che simboleggiano come primi umani le madri uscite dall’isolamento mitologico, quando le donne di legno sono state trasformate in umani dopo essere state chiuse in ambienti di paglia simili a quelli degli adolescenti nella casa dei genitori. Il rito di passaggio all’ età adulta è preceduto da vari periodi di isolamento per la realizzazione del corpo, dalla pubertà all’ iniziazione sciamanica per modellare la personalità ideale. In contrasto con l’ isolamento la visualizzazione del corpo segue l’avanzare dello stato nella comunità con il sesso, l’ età e il ruolo rituale che si esprimono nella piazza del villaggio con la parola, il corpo liberato, la danza, l’esibizione dell’ individualità. Vengono presentate le giovani uscite dalla pubertà per scegliere lo sposo, dai corpi dipinti con vesti succinte e decorate da ornamenti che danzano in una grande cerimonia tra le tribù vicine che celebra la vita, la morte e la rinascita. Quello dei Jawari celebra l’ incontro dei villaggi con duelli rituali tra iniziati, inizia con lunghi preparativi dipingendo il corpo con vari disegni e colori ognuno con i suoi significati come esseri terrificanti per intimidire i nemici, impugnando i dardi dalle punte smussate con la polpa del tucum o Jawari nel centro del villaggio con grida ed imprecazioni contro i nemici, lanciandosi all’ inseguimento degli avversari. Da una parte la cerimonia è accompagnata dai canti e danze di uomini e donne in fila, assieme ad urla rituali degli ospiti dell’altro villaggio per poi iniziare i combattimenti nell’ arena tra due avversari per volta celebrando la guerra in una suggestiva atmosfera frenetica lanciandosi i dardi che devono colpire sotto la vita, cimentandosi in precisione e schivate. Nel centro del villaggio la Casa dei flauti nasconde gli strumenti che le donne possono ascoltare, ma non vedere, appesi al centro del tetto possono suonati in ogni momento da tre uomini all’interno e di notte quando le donne dormono, possono uscire o portati per attività maschili collettive e in tal caso le donne si devono chiudere in casa. I flauti a volte vengono suonati all’ interno della loro dimora quando nella comunità sono le donne protagoniste della grande cerimonia e i rituali femminili del Yamurikumã, nello spiazzo del villaggio si riuniscono dipinte e decorate anche con ornamenti vari, sonagli, piumaggi ed armi solitamente indossati dagli uomini, cantando e danzando eseguono movimenti tipici degli uomini, mentre gli ospiti provenienti da altri villaggi accampati nelle vicinanze eseguono canti e danze riferite alla sessualità maschile.

Tra i popoli del Xingu

Tra i popoli del Xingu i più antichi abitanti del territorio sull’ alto corso del fiume sono i Kuikuro rimasti circa quattrocento, probabilmente discendenti dalle antiche popolazioni che per prime giunsero nella regione tra il V e il XV secolo e che hanno lasciato i resti di grandi villaggi a Kuhikugu nei pressi delle sorgenti del fiume e da essi sembra discendere la mitologia e la tradizione sciamanica che ne deriva. Per i Kuikuro la creazione del mondo è opera del Sole Giti e la Luna Alukuma a loro volta creati da più antichi antenati mitici assieme agli esseri sovrannaturali Itseke che popolano la foresta e le acque, causa di infermità e morte tra gli umani che solo le pratiche sciamaniche possono evitare o curare entrando in contatto con gli spiriti di quegli esseri.I villaggi degli Aweti sorgono nei pressi delle sorgenti del Xingu con varie case attorno il consueto spiazzo centrale cerimoniale con la Casa degli uomini che contiene i Flauti sacri rituali interdetti alla vista delle donne. La vita comunitaria del centinaio di Aweti rimasti è sempre legata alla mitologia, simile alle altre popolazioni dell’ Alto Xingu, ma tra loro il ruolo del capo Yalakumin è ereditario ed oltre a occuparsi della comunità tiene le relazioni e gli scambi con gli altri villaggi tribali e le popolazioni vicine celebrando alcune cerimonie collettive, la competizione nella lotta rituale Huka-Huka praticata anche tra loro particolarmente durante la grande cerimonia del Quarup. Ne sopravvivono un centinaio quella che fu la grande tribù dei Nahukua vivendo di caccia e pesca assieme alla raccolta e la primitiva agricoltura del taglia e brucia con l’abbattimento della foresta affidata agli uomini, mentre le donne si occupano della coltivazione in piccoli campi di manioca, patate, banane, mais e altri ortaggi e la raccolta. Come le popolazioni vicine possiedono alcuni tabù legati ai fluidi corporei, la placenta e il sangue dei cicli femminili e in tali periodi le donne sono intoccabili così come le madri dopo il parto, anche per i Nahukua la crescita è segnata da ritualità iniziatiche che prevedono, l’ isolamento delle giovani fino alla pubertà, il taglio dei capelli a seconda dell’ età, la pratica della scarificazione e tatuaggi sul viso e corpo, la perforazione delle orecchie per i pendenti. Partecipano anch’ essi alle cerimonie collettive con altri villaggi con canti, danze e la lotta rituale Huka-huka, così come il fondamentale ruolo degli sciamani con i riti e le pratiche curative delle infermità dovute all’appropiazione dell’anima compiuta dagli spiriti e magia nera, rimuovendone gli influssi malefici aspirandone le essenze, soffiano il fumo accompagnati da canti ed invocazioni. Gli Asurini del Xingu di simile stirpe ma dalle diverse tradizioni degli Asurini del Tocantins, popolano il territorio tra il fiume che da nome alla regione, il Piranhaquara e il Piaçava dove sopravvivono in un centinaio da conflitti con i vicini Araweté e Kayapó, oltre dalle devastazioni seguite all’ arrivo di bianchi che hanno portato malattie a loro ignote, costretti a matrimoni con altre tribù vicine per non estinguersi completamente.I Kamaiurà sono divisi in vari villaggi con capanne dai tetti circolari decorati abitate da famiglie di più fratelli, con il matrimonio l’ uomo si trasferisce nella casa dai genitori della moglie stabilendo alleanze tra famiglie. Mentre dopo la pubertà le ragazze vivono isolate imparando le attività femminili e le danze cerimoniali, i giovani apprendono i segreti della foresta, la caccia, le tradizioni, il combattimento e la lotta rituale, per poi ricevere un nuovo nome adulto, ne vengono forate ritualmente le orecchie, possono dipingersi il corpo ed adornarsi, pronti al matrimonio. Come tutte le altre popolazioni del Xingu anche i Kamayurá celebrano le diverse cerimonie e rituali proprie del villaggio e le collettive del Kwarup per onorare i cicli della vita, il combattimenti rituali Jawarie quello femminile Yamurikumã. Per gli agricoltori Kayabì la terra è fonte di vita, prosperità e misticismo, anche convivendo con altre popolazioni hanno mantenuto a lungo le antiche tradizioni originarie, si trasferirono nel Xingu per preservare la loro cultura e sfuggire alle devastazioni dello sfruttamento minerario, la deforestazione, gli allevatori e i coloni giunti con avventurieri d’ ogni risma, scacciandoli dalle loro terre distruggendo villaggi, violentando le donne e uccidendo gli uomini. Ne sono sopravvissuti circa duecento in quel che rimane dei territori tradizionali ai margini della riserva per onorare gli antenati che vi sono sepolti dagli spiriti da ricercare per comunicare con loro attraverso i riti. Per questo popolo l’universo è diviso in mondi sovrapposti abitati da varie potenti entità, alcune assumono la forma di animali chiamati anyang e mama’ che provocano la morte prendendo le anime degli umani, acquisite solo con l’ imposizione del nome al nuovo nato. Il tempo è ciclico legando i viventi agli antenati e gli esseri soprannaturali che non sono percepiti dagli umani ed è necessaria la mediazione dello sciamano capace di comprendere il Cerchio della vita, della nascita e la morte come il ciclo delle stagioni, egli ne interpreta tutte le fasi aiutando la comunità come depositario della tradizione.I Yudja, chiamati anche Jurunas o Yurúna, tradizionalmente vivono in villaggi lungo i fiumi con famiglie bilaterali dirette da un capo o maestro che possiede le capacità combinate dell’ individuo se’uraha e il suocero saha proprie dei capi delle famiglie che compongono la comunità fondate sui rapporti tra madre e figlia e tra suocero e generi. Anche tra loro gli sciamani sono depositari della conoscenza cosmologica, la mitologia e le ritualità per interpretarle, ma ormai da tempo nessuno si sente capace di impegnarsi nella complessa via della conoscenza sciamanica e i Yudja dicono di aver perso l’ antico contatto con gli antenati e il mondo sovrannaturale. Tra gli Ikpeng al centro dei villaggi il luna è lo spiazzo rituale e cerimoniale dalla forma di ellisse con al centro una capanna chiamata mungnie priva di pareti dal doppio tetto spiovente dove riunirsi, differentemente dalle popolazioni del Xingu è aperta alle donne, contiene oggetti sacri, vi si preparano le cerimonie e vengono iniziati i guerrieri con il copricapo otxilat che ne simboleggia il rango. I guerrieri sono depositari della tradizione Ikpeng dove la guerra è parte della visione del mondo discesa dall’ epoca mitica, non intesa come conquista ma come rito vendicativo della morte che è sempre causata dai riti malefici dei nemici e i prigionieri sono sostituti dei defunti. A differenza di gran parte degli altri popoli vicini tra essi non esiste il lignaggio poiché il figlio è sempre discendente del padre e la figlia della madre, dopo l’ educazione fino all’ adolescenza l’ intera esistenza è scandita da cerimonie e riti iniziatici. Le grandi cerimonie che coinvolgono l’ intero villaggio celebrano vari riti con percorsi cerimoniali danzanti attorno allo spiazzo e alla casa mungnie centrale, tra tutti i fondamentali vari riti iniziatici di passaggio, quello finale che culmina con il tatuaggio dei volti degli adolescenti. L’iniziazione maschile Moyngo, quando vengono tatuati i volti dei ragazzi è preceduta da diverse danze fino alla grande caccia nella foresta organizzata dai padri che dura circa un mese e al ritorno si accampano fuori dal villaggio. Con danze accompagnate da canti e dal suono dei flauti sacri, i cacciatori affumicano la carne della selvaggina distribuita dalle donne, mentre gli uomini si cospargono di resina per attaccare i piumaggi, poi di notte entrano nel villaggio e danzano ognuno tenendo per mano un ragazzo da iniziare fino all’alba della cerimonia per incidere i volti con una spina di di tucum per tingerli con la resina di jatobá. Sessanta anni or sono i bellicosi Ikpeng scacciarono dal loro territorio tradizionale i Matipu o Mehinaku che si stendeva a nord del fiume Tuatuari dove furono convinti a migrare dai fratelli Villas-Bôas, come avevano fatto con le comunità di Yawalapiti anch’ essi sfuggiti ai guerrieri Ikpeng, stabilendosi nel Posto delle formiche saúva f per fondare il primo villaggio a Jalapapuh, trasferito poi dove li si trovano a Uyapiyuku, tornando ogni anno nell’ antico territorio per la raccolta dei frutti pequi e ottenere il sale nei laghi dalla pianta acquatica jacinto. Il centrale villaggio di Uyapiyuku è sorto nella tradizione dei precedenti posti tra due fiumi, qui a ovest il Tuatuari e ad est il Kurisevo, attraversato dalla Via del sole con al centro la Casa degli uomini da dove si deve vedere la foresta ad est e quando il sole vi passa sopra deve seguire la grande via ad ovest dove tramonta mantenendo il mitico equilibrio cosmico della comunità. Tutto per i Mehinaku è fondato sul mito da dove discende la cultura cerimoniale Xinguan che, come altri popoli dell’ Alto Xingu, partecipa alle grandi cerimonie collettive con altre tribù per celebrare nuovi capi, i riti iniziatici pihika dei giovani con foratura di orecchie e naso per applicare ornamenti, la graNde ritualità funebre ata kaiumãi simile al Kwarup, le cerimonie huluki per i raccolti e gli scambi con altre tribù e varie altre minori, inviando sempre i messi cerimoniali waka per gli inviti accompagnati da orazioni e doni. Di stirpe e lingua simile ai Mehinaku sono i Wauja, anch’ essi con villaggi attorno a una piazza centrale difesi da fossati e palizzate, probabilmente discendenti da una grande tribù di stirpe Aruakan che popolava il territorio tra l’Alto Xingu e quello boliviano orientale. Tra le altre popolazioni sono noti per l’ abilità artigianale e creativa di ceramiche e cesti decorati, ornamenti di piume e maschere rituali che rappresentano simbolicamente la loro complessa cosmologia mitica dagli intimi legami tra umani, animali, cose ed esseri sovrannaturali, fondamento delle loro pratiche sciamaniche. I Wauja possiedono tre diversi tipi di sciamani, i pukaiwekeho e yatamá interpretano gli spiriti e curano le infermità, gli yakapà dal grande potere terapeutico e prestigio rituale per la capacità di sottrarre le anime prese dagli esseri apapaatai ​​e yerupoho attraverso la divinazione e le relazioni che riesce ad avere con gli esseri sovrannaturali che sa interpretare. Nelle ritualità delle cerimonie che esorcizzano gli apapatai per la cura delle infermità, attraverso feste e cibo si placano gli esseri che le hanno provocate proteggendo la comunità dalle aggressioni di altri apapaatai. Le vittime esorcizzate devono poi offrire altri cerimoniali periodici a quegli esseri che sono divenuti loro protettori con i flauti sacri da conservare nell’ apposita casa e le maschere ad essi dedicate da mantenere fino a deterioramento o in attesa del momento opportuno per bruciarle. Con vita e tradizioni simili alle altre tribù della regione, anche i villaggi degli Yawalapiti hanno le capanne disposte circolarmente con abitazioni comuni attorno alla spazio cerimoniale uikúka con al centro la casa degli uomini che custodisce i sacri flauti suonati ritualmente e ove vi si ritrovano per prepararsi alle cerimonie dipingendo il viso e il corpo . Il dialetto di lingua Caribe dei Kalapalo sembra confermare la loro provenienza dal territorio molto più settentrionale popolato dagli Yanomami dell’ Orinoco nella regione venezuelana confinante con la brasiliana assieme agli Ye’kuana o Makiritare, con essi condividono alcuni miti e narrazioni orali tramandate sui primi incontri con i bianchi. I villaggi sono simili alle altre popolazioni del Xingu dove sono migrati, ma l’ unione in gruppi tribali sembra essere individuale e non legata a diritti ancestrali o discendenze tradizionali e pertanto fluida soggetta a mutamenti continui. L’ autorità esercitata da un capo nel villaggio è limitata al gruppo di famiglie, ma rappresenta la comunità nelle relazioni con gli altri e le popolazioni vicine essenzialmente nelle cerimonie collettive. A differenza delle altre popolazioni del Xingu, in ogni cerimonia Kalapalo la guida è affidata periodicamente e a turno da uomini e donne, nei periodi maschili alle donne è interdetto anche solo guardare gli uomini come viceversa accade nei periodi femminili. Si differenziano dalle altre popolazioni anche nella raccolta di alimenti, tra loro se ne occupano sia gli uomini che le donne in un attività che solitamente è maschile. La caccia e i conflitti armati sono anche per loro esclusiva maschile, esercitata anche in gare di tiro con i grandi archi dalle lunghe frecce tipici delle popolazioni amazzoniche e dell’ Orinoco, in comune con quelle del Xingu hanno diverse cerimonie e la lotta rituale Huka-huka praticata nelle cerimonie del Quarup che coinvolgono diveri villaggi e tribù e a volte anche dalle donne nelle cerimonie femminili del Yamuricumã. I Suyá o Kisêdjê migrarono nella regione di Xingu verso la metà del XIX secolo dove trovarono le altre popolazioni di lingue diverse ma tradizioni simili che legarono alla loro cultura nei modi di vita, villaggi e cerimonie, mantenendo la condivisione collettiva di tutto. Anche i bambini sono cresciuti dalla comunità oltre che dai genitori e si identificano con essa, assumendo il loro ruolo nella successione delle iniziazioni a cominciare dall’ imposizione del nome. La mitologia ne racconta l’ antica esistenza priva di tutto, poi gli animali mitici portarono i benefici che li hanno resi un popolo, dal giaguaro ebbero il fuoco, la terra da coltivare dal topo, i nomi da mitici cannibali sotterranei, le labbra da decorare e gli ornamenti rituali da un conflitto con un popolo vicino, le cerimonie rituali da altri esseri. Oltre l’ imposizione del nome le decorazioni del corpo sono fondamentali per indicarne posizione e ruolo nella comunità che si acquisisce nel tempo attraverso la successione delle iniziazioni rituali, tra tutte la deformazione delle labbra per inserire piattelli labiali di legno segnando l’entrata nel mondo adulto degli uomini che progressivamente aumenta di dimensioni dopo il matrimonio. Dell’ antico popolo Suyá tenacemente legato alla vita collettiva con le sue tradizioni sono sopravvissuti in circa duecento sfuggiti alle violenze di bianchi invasori del loro territorio per popolare le sponde del fiume Suiá-Miçu in un solo villaggio nel parco Xingu ove hanno trovato protezione.I Trumai o Ho kod ke, come si definiscono nella loro lingua, furono tra gli ultimi a giungere nel territorio settentrionale del Xingu a metà del XIX secolo, spinti da conflitti con popoli vicini da quello originario attraversato dal fiume Araguaia . Anche nel nuovo territorio altri conflitti con le tribù locali ne ridussero la popolazione fino ad essere decimati dalle violenze e le malattie a loro sconosciute portate dai bianchi giungendo al limite dell’ estinzione. Trovata protezione nel Parco Xingu ne sopravvivono poco
più di un centinaio nei villaggi di Terra Nova, Steinen, Terra Preta e Boa Esperança. Depositari di una cultura originale, i Trumai la esprimono anche linguisticamente, mentre le altre popolazioni indigene della regione parlano idiomi di origine Arawak, Caribe, Tupì e Ge, solo loro hanno una lingua completamente diversa ed unica a rischio di estinzione. Fu il popolo dei Trumai a portare o quantomeno ampliare tra le più grandi cerimonie dell’ Alto Xingu con le ritualità del Tawarawan e quelle del Jawari, solo molto più tardi iniziarono a partecipare alla grande cerimonia collettiva Kwarup con le altre popolazioni. La festosa cerimonia Tawarawan è animata da danzatori decorati da fibre e le foglie profumate del rikáda xudak con il volto coperto e ornati da vistosi piumaggi, mentre le donne dal corpo e il volto dipinti li seguono per poi danzare con loro in cerchio accompagnati da sonagli e tamburi. Il rituale del Jawari si è diffuso tra tutte le alte popolazioni per celebrare guerrieri defunti tra canti danze e la competizione degli iniziati che si lanciano dardi dalla punta smussata simboleggiando la guerra e la pace, l’alleanza con le donne e gli antichi nemici . Solo alcune comunità di Kayapo vivono nella regione del Xingu, parte del vasto territorio tradizionale che si estende nella foresta amazzonica orientale, si definiscono Mebêngôkre o Popolo venuto dall’acqua, per alcune tradizioni simili ai Ka’apor che popolano la regione del fiume Gurupi nel Maranhão probabilmente originari di quella tra il Tocantins e Xingu da dove migrarono lentamente per conflitti con altre popolazioni e più rapidamente con i coloni brasiliani. Per la loro mitologia gli antenati appresero le capacità dagli insetti della foresta e tradizionalmente si dipingono il corpo di nero per assomigliarvi comunicando con lo Spirito supremo presente ovunque, praticamente con il corpo dipinto di nero possono mimetizzarsi agevolmente nella foresta per la caccia e per trovarne le vie dipingono le gambe di rosso lasciandone le tracce nella vegetazione. Un tempo per tutti gli uomini era diffusa la pratica delle labbra inferiori deformate per inserire piattelli labiali, ora presente tra i più anziani, mentre tutti continuano a decorarsi con vistosi piumaggi simboleggianti l’ universo e fibre tra i capelli che rappresentano la fune per arrivare al cielo usata dagli antenati mitici, più vistosi i copricapo piumati dei capi che rappresentano i benefici raggi solari. Ogni diverso copricapo piumato simboleggia un rito iniziatico di passaggio a cominciare quelli gialli indossati quando si raggiunge l’ età adulta. Diversi miti e cerimonie sono simili alle altre popolazioni nell’ intimo legame tra l’ umanità e la terra con la sua foresta che anche nei loro territori è stata devastata dalla deforestazione per lo sfruttamento minerario e l’ allevamento, inquinando i fiumi con il mercurio, travolgendoli con la consueta violenza e le malattie che ne hanno indotti buona parte a lasciare territori e consuetudini tradizionali, mentre altri hanno cercato di resistere in conflitti con minatori ed allevatori ove si sono rifugiati in un impari lotta destinata alla sconfitta anche di questo popolo venuto dall’ acqua ancora tenacemente legato alle antiche tradizioni.

 

Per tutti i popolo del Xingu sopravvissuti risuona il canto che sale dai villaggi rimasti celebrando le tradizioni e il diritto all’ esistenza invocando d’ essere salvati:

“E al chiaro di luna nel grande villaggio di Xingu/Santi flauti risuonano nell’aria/Annunciando la festa dei morti/Rito millenario/Kuarup, Kuarup,Kuarup Kamayurá/E tutti gli sciamani danzano/Chiama tutte le nazioni/Tutti i clan, tutte le tribù per la festa dello Xingu/ In ogni pittura del corpo trascende l’essere animale/Nella vista Mavutsinim il mondo soprannaturale/ Clan dell’aquila, clan del giaguaro,clan del serpente, clan della scimmia,clan dell’iguana / Le tribù cantano nel villaggio, sta ballando, è festa in Xingu/

Kuarup, Kuarup, Kuarup Kamayurá/ Suonano i flautiper ricevere lo spirito di Kariwa, Orlando Villas-Boas/

Nel rituale Kuarup Tupi dalla millenaria resistenza tribale. Salva il popolo dello Xingu!”

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