Guglielmo Massaia

Missioni in Africa orientale

Come era avvenuto altrove la chiesa, con il suo ruolo controverso della nella storia del colonialismo, All’inizio delle grandi esplorazioni in Africa si interessò Continente Nero che poteva divenire un immenso “pascolo” per l’evangelizzazione e nel XIX secolo iniziarono i primi insediamenti di missioni cattoliche alcune delle quali anche qui furono veicolo più o meno inconsapevole al colonialismo africano. Vi furono anche molti che si dedicarono invece a comprendere ed alleviare le piaghe africane come Guglielmo Massaia e i tanti missionari ispirati alla vita di Daniele Comboni, fondatore del movimento dei padri comboniani che dall’ epoca continuano la loro opera come li ho incontrati nei luoghi più remoti nei miei viaggi in Africa.

 

Il pontificio potere temporale era esercitato solo nel suo stato, ma fu utile alla spinta del colonialismo italiano che stava nascendo, da tempo vi era una presenza di Italiani in Alta Nubia , all’epoca Khartum ne accoglieva una piccola colonia, pertanto sull’ ampio territorio del Vicariatus Apostolicus Alexandrinus Aegypti nel 1846 venne fondato il vicariato apostolico per l’Africa centrale nella stessa Khartoum che doveva favorire l’ evangelizzazione delle popolazioni nilocamite e quelle Bantu per vie incognite dal Sudan e gli ancora sconosciuti Congo orientale ed Uganda fino al lontano Niger.

 

Nel 1831 il suddito savoiardo Antonio Brun Rollet dal millenario Egitto scese in Nubia esplorando il fiume Nahr ‘Atbara fino all’ Etiopia, nel 1841 prese la via nilotica risalendo il Bahr al-Ghazal del Nilo Bianco per e le impenetrabili paludi del Sudd , raggiungendone i limiti inesplorati del Sudan meridionale . La via fu seguita nel 1857 dagli inviati in missione da Nicola Mazza guidati da Giovanni Beltrame, Angelo Melotto, Alessandro Dal Bosco, Francesco Oliboni e Daniele Comboni futuro vescovo che consacrò la vita all’Africa

 

Il secolare cristianesimo etiopico con la sua Chiesa ortodossa mal sopportava intrusioni evangelizzatrici, tra i primi fu il viaggiatore missionario Giuseppe Sapeto nel 1837 fu in Abissinia stabilendosi per qualche tempo ad Adua, per rifondare una chiesa cattolica etiope, due anni dopo Gregorio XVI inviò il beatificato Giustino de Jacobis come prefetto apostolico e poi vescovo della diocesi di Nilopoli nel 1847. Lasciato il sacerdozio Giuseppe Sapeto con la sua esperienza africana nel 1869 ebbe l’ incarico dall’ armatore genovese Raffaele Rubattino di acquistare l’ eritrea baia di Assab che tredici anni dopo divenne il primo nucleo dell’ espansione coloniale italiana. Dopo la spedizione nel 1870 di Orazio Antinori , Arturo Issel e Odoardo Beccari nei territori dell’ Eritrea vi fu una notevole presenza di italiani nel porto di Massaua che divenne poi la base per la guerra che portò alla prima colonia eritrea italiana.

 

Massaia tra la Dancalia e il Nilo

Nel 1846 Leone XII considerò che doveva occuparsi dei centri cristiani lungo Mar Rosso, in quel periodo iniziava da dove si poteva penetrare nei territori etiopici sconosciuti dell’ Ogaden, il profondo sud e soprattutto l’ ignoto Oromia per iniziare l’opera di evangelizzazione nel paese degli Oromo Galla e le altre popolazioni nilocamite . L’incarico fu dato al vescovo missionario di fresca nomina Guglielmo Massaia che partì assieme a tre frati e un missonario laico sbarcando in Eritrea nel porto di Massaua. Organizzò una piccola spedizione che risalì lentamente gli altipiani etiopici per il selvaggio territorio che si stendeva tra la Dancalia Afar e il Tigrai, dove si proponeva di fondare la prima missione nello sperduto centro di Agulà come base per penetrare nel paese degli Oromo Galla.

 

In quel periodo era stato nominato Abuna capo della chiesa copta etiope Salama, il ricco figlio di un trafficante di schiavi che iniziò subito a contrastare i propositi missionari di Guglielmo Massaia e i religiosi vennero aggrediti dalla popolazione locale istigata dai copti,costringendoli a rifugiarsi tra le montagne più inospitali. Massaia inviò i suoi compagni alla più tranquilla missione di Gondar e partì accompagnato da frate Felicissimo giungendo a Massaua da dove attraversò il Mar Rosso al-Bahr al-Aḥmar giungendo ad Aden nella terra islamica dello Yemen ancora poco conosciuta dagli occidentali, dove riuscì a fondare una missione.

 

Guglielmo Massaia tornò poi sulla costa africana orientale, fin dal medioevale periodo shirazi islamizzata con i centri e le città arabe, sbarcando nella somala a Zeila per organizzare una spedizione nell’interno subito ostacolato dalle enormi difficoltà logistiche per penetrare un territorio selvaggio e inospitale popolato da bande di feroci predoni Dàncali Afar e fu costretto a tornare a Massaua dopo due anni dalla sua partenza. Trasgredendo la regola nominò vescovo il suo assistente Giustino De Jacobis e i due ripresero la via dell’altopiano etiopico tornando ad Agula in un viaggio avventuroso e continuamente minacciati dai predoni che dominavano quel territorio, da qui continuò verso l’ inesplorata regione montuosa del Semìen popolata da tribù ostili, arrivando a Gondardove si erano stabiliti alcuni missionari.

 

L’impresa del venerabile Massaia irritò il potente abuna Salama e fu imprigionato per essere liberato con un riscatto raccolto dai confratelli della missione,ma non si lasciò intimorire ed esplorò la regione attorno al lago Tana e le sue cascate Tis Issat sorgenti del Nilo Azzurro, proseguendo nel selvaggio Debre Tabor fino ad una sperduta missione vicino il villaggio di Dessiè ai margini del territorio dei Galla Uollo islamizzati. Assieme al missionario Giovanni Stella entrò nella regione Scioa e furono catturati per essere mostrati nei villaggi, ma l’ umiliante prigionia gli permise di vedere l’estrema povertà e sottomissione di quelle popolazioni sfruttate dalla violenza dei capi Ras locali con le loro bande in continua guerra tra loro, uno tra i più potenti lo fece liberare e lo attese nel suo villaggio a Dembeccìa. Ras Ali Yejju ne rimase affascinato e gli permise di predicare ai sudditi e alla corte della quale faceva parte il dignitario Deggiac Cassa Hailu, che poi salì al trono d’ Etiopia come imperatore Teodoro II Negus Neghesti.

 

Ben presto il vescovo esploratore si rese conto che la benevolenza del ras Alì era interessata e voleva servirsi di lui per contrastare il potere copto dell’Abuna Salama e ottenere aiuti dalla Francia per la supremazia sugli altri ras, Guglielmo Massaia seguì il suo consiglio di tornare in Europa per farsi sostenere dai cattolici francesi nella sua opera missionaria e prese l’antica rotta lungo il Nilo Azzurro al-Nīl al-azraq verso il Sudan. Ben lungi da aiutare il ras nelle sue mire, lasciò quasi subito quella via e attraversò il Nilo per Debre Marcos , continuando nei selvaggi territori degli altipiani e il massiccio del Semìen, truccato da etiope riuscì a sfuggire alle tribù ostili e ai predoni e a seguire l’antica rotta carovaniera del Tigrai in un viaggio avventuroso attraverso regioni interdette agli stranieri che lo portò a Massaua, dove giunse sfinito nel marzo del 1850.

Missioni ed esplorazioni

Erano passati quattro anni dal suo arrivo e già aveva compiuto imprese che avrebbero onorato i migliori esploratori dell’epoca, se ne tornò in Italia per ristabilirsi da fatiche che avrebbero stroncato chiunque, ma l’anno dopo era a Khartoum con il falso nome di Giorgio Bartorelli e sulla via del Nilo risalì il fiume in Sudan fino al centro del missionario Giovanni Beltrame dal quale non si fece riconoscere per non essere ostacolato nel suo intento di penetrare il territorio dei Galla Oromo. Risalì il Nilo Azzurro e ne esplorò l’affluente Tekezè dove nessuno aveva osato avventurarsi per l’ostilità delle tribù guerriere e cercò di informarsi tra i villaggi sulla via da seguire per entrare nei territori inesplorati dell’est, chiusi da massicci montuosi, savane e foreste, che anche i nativi consideravano impenetrabili.

 

Ai margini della regione vi era uno sperduto presidio dell’esercito egiziano che controllava le miniere d’oro di Khesan, dove si rese conto che la via che aveva intrapresa era impraticabile, tornò nel Sudan meridionale per Gallabàt sul confine etiopico e si travestì da mercante arabo per poter viaggiare sulle piste interdette dell’interno tra villaggi e mercati, interpretando perfettamente il ruolo di ambulante, in paziente attesa di informazioni per trovare la via verso il territorio dei Galla nella regione Oromia. Viaggiò per un anno tra gli altipiani in zone sconosciute e si ammalò di malaria a Dìnder, sostò nel centro di Metemma e appena guarito prese la carovaniera di Chedaréf per il territorio copto dell’Abuna Salama da dove era stato scacciato, travestito da mercante arabo nell’ Amara raggiunse una piccola missione sul lago Tanae seguì una tribù nomade apprezzandone i costumi e l’ arcaico modo di vita.

 

Da loro gli fu indicata la via tra i monti del Goggiam nella regione degli Amhara che attraversò da solo in un’impresa ripetuta solo molto tempo dopo con difficoltà da organizzate spedizioni. Attraversò il fiume Abbai del Nilo gonfio per le piogge rischiando ancora una volta la vita e finalmente entrò nel paese dei Galla Oromo, lasciò il travestimento e indossò il saio francescano per accingersi alla sua missione perseguita tenacemente in sei anni dal suo arrivo. I temuti ed inavvicinabili guerrieri Galla lo accolsero nel villaggio di Asàndabo e ascoltarono quello strano bianco arrivato solo dopo un viaggio impossibile concedendogli di edificare la sua missione e di farsi raggiungere da aiutanti etiopi, in breve la missione fu una realtà e molti si convertirono, ne divenne l’ abuna massaja, ma rispettava profondamente le loro usanze nel suo catechismo ed egli stesso vi si adattò dando il primo grande esempio di quello che fu più tardi il movimento missionario in Africa di cui Daniele Comboni fu l’ altro protagonista, la sua opera dette anche un grande contributo alla conoscenza di questo popolo studiandone la lingua, storia e tradizioni di elevato valore scientifico ed etnografico.

 

Divenuto ormai celebre e amato tra quella gente, Guglielmo Massaia riuscì ad esplorarne i territori più interni e nel 1855 fondò un’ altra missione nello sperduto villaggio di Lagàmara, nei quattro anni successivi continuò i suoi studi, consolidò le missioni e si adoperò per un’ opera medica a combattere malattie ed epidemie, contrastò le bande di razziatori organizzando i suoi villaggi contro predoni e negrieri. Mentre ferveva l’opera di Massaia e dei suoi missionari, un inviato in un’ avamposto abbandonò il suo incarico per unirsi ad una ragazza di rango, il vescovo esploratore partì alla sua ricerca che lo portò ad un’altra esplorazione traversando l’ intero paese dei Galla fino a trovare questo padre Cesare da Castelfranco nella zona più remota, il pentimento del missionario fu tale che volle diventare un predicatore errante vivendo come un nomade fino a morire di stenti.

 

Recatosi nel grande regno tribale di Caffa per proseguire la propria opera, fu imprigionato ed espulso con l’ obbligo di ritornare alle sue missioni da solo e il tenace Guglielmo Massaia seguì l ‘interminabile rotta carovaniera di Gimma in territori sconosciuti per ritornare alla missione di Lagàmara sfinito e malato, la sua fibra lo fece ristabilire e ripartì visitando i villaggi più remoti continuando l’assistenza medica alle popolazioni malate e portando il vaccino contro il vaiolo che salvò migliaia di vite. Mentre si accingeva a partire per l’ Italia per ottenere altri aiuti, fu imprigionato dalla soldataglia dell’imperatore Teodoro II e tenuto in catene nel loro accampamento in condizioni disumane che non minarono la sua forza e dignità quando fu condotto al cospetto del sovrano che ne fu impressionato e lo fece liberare, finalmente raggiunse Massaua e si imbarcò per tornare in patria nel gennaio del 1864.

 

Vescovo esploratore

Trascorse due anni in Italia e decise di tornare, ma l’Etiopia nel frattempo era sconvolta da una spedizione bellica europea condotta da Robert Napier, attese a lungo in Yemen nel porto di Aden la possibilità di raggiungere Massaua ricevendo notizie terribili sulla guerra che insanguinava il paese africano, fu costretto a tornare in Italia, ma nel frattempo i ras riuniti da Teodros furono sconfitti dagli inglesi nella finale battaglia dell’ Amba Mariam in una campagna alla quale partecipò un cronista inviato del New York Herald di nome Henry Morton Stanley, destinato a diventare qualche anno più tardi il celebre protagonista dell’incontro con Livingstone e bula matari esploratore del Congo.

 

Gugliemo Massaia tornò subito in Etiopia dove era salito al trono dello Scioa Menelik II che, nel suo progetto di ammodernamento dell’antico regno, era favorevole all’ingresso degli europei e missionari ed incontrò il vescovo esploratore a Liccè nel marzo del 1868, rimase impressionato dalla grande conoscenza che il vecchio missionario aveva del suo paese e gli chiese di divenire suo consigliere in cambio del permesso di fondare missioni e scuole cattoliche che si moltiplicarono rapidamente in tutto il regno. L’autorevole presenza di Massaia attirò viaggiatori, geografi, esploratori e avventurieri italiani, la Società Geografica Italiana fondata da Cristoforo Negri e il marchese Orazio Antinori nel 1867 cominciò ad inviare esploratori e Menelik concesse il permesso di esplorare le zone più remote del paese,di commerciare o di impiantare attività varie in cambio di armi per prepararsi alla guerra contro il Negus Giovanni al quale voleva contandere l’ impero.

 

La benevolenza del Negus era tesa ad ottenere l’aiuto ufficiale dall’ Italia che non ebbe, impegnata nei suoi progetti coloniali partiti dall’ acquisto della baia di Assab nel 1882 dalla compagnia di Rubattino , tre anni dopo aveva occupato il porto di Massaua iniziando la colonizzazione dell’Eritrea che si estese con il primo protettorato della Somalia, ma il grande missionario Massaia non aveva tempo di occuparsi di ciò che si sarebbe preparato, le notizie dai suoi centri etiopici lo informarono che i missionari versavano in condizioni critiche, minati dalle malattie, minacciati dai nuovi ras ed espulsi, anche l’ appoggio del Negus Menelik II era finito e, ormai settantenne, lasciò la comode missioni per riprendere la sua opera negli altipiani conducendo una vita da eremita e predicatore nomade tra i villaggi più sperduti.

 

Nel 1879 fu chiamato a corte dall’ imperatore Yohannis e in quaranta giorni di lunga traversata tra montagne e savane inondate dalle piogge, Massaia stremato arrivò a Debre Tabor dove venne imprigionato in una capanna per due mesi, durante i quali il Negus, era sicuro che sarebbe stato stroncato dalla malaria e dagli stenti, ma il vecchio religioso sopravvisse e venne cacciato, prese la via del Nilo passando dal Sudan e il 26 gennaio del 1879 era in Nubia giungendo al porto di Suakin e si imbarcò per l’Italia.

 

Mentre le sue missioni chiudevano, i fedeli dispersi e perseguitati con i loro frati, l’ anziano Massaia fu nominato cardinale a Roma, ma egli volle trascorrere gli ultimi anni della sua vita straordinaria nella pace di un convento a Frascati dove ha lasciato il suo museo etiopico, ricordando le esplorazioni e le avventure nelle Memorie storiche e ne I miei trentacinque anni di Missione in Alta Etiopia,in quei territori che aveva tanto amata e rivelato al resto del mondo con l’ umiltà della conoscenza, fino a quando Abuna Messias si spense in un torrido agosto del 1886.

 

La vita e le imprese del beatificato esploratore missonario aprirono i selvaggi altipiani etiopici alla scoperta di quei vasti territori per secoli isolati dai viaggiatori europei in Africa orientale che si erano sempre fermati nella regione costiera. L’ antico Mängəstä impero cristiano etiopico era noto agli europei da oltre tre secoli, ma pochi si erano avventurati nei suoi territori interni prima dell’ abuna messias Guglielmo Massaia e i suoi missionari, lasciando una grande eredità le sue memorie e i tanti scritti .

 

©Paolo del Papa:

Viaggiatori ed esploratori. Vol. Africa: Misteri d’Etiopia. Massaia vescovo esploratore

Atti convegno Altri Risorgimenti, Ravenna 1999

 

Photo gallery

 

Ethiopia

Press ESC to close