”…Mi sono addentrato nelle Indie; sono rimasto tredici mesi nella chiesa dell’apostolo Tommaso; qua e là ho battezzato un centinaio di persone; il mio compagno di viaggio, fra Niccolò da Pistoia, dell’ordine dei frati predicatori, là è morto e là l’ abbiamo sepolto. Quanto a me, mi sono spinto ancora più avanti e sono arrivato nel regno dell’ imperatore dei tartari, che viene chiamato il Gran Khàn..”.
Così scrive Giovanni da Montecorvino nel 1292 in una delle lettere dove racconta i suoi viaggi in Asia e nell’ ancora leggendario Cathay dove fondò la prima missione cattolica in quel regno del Gran Khan Kublai Qubilai qaghan che accolse i viaggiatori dell’ epoca come Matteo e il fratello Niccolò Polo che poi portarono il giovane Marco. Nato da una famiglia di umili contadini del salernitano nel 1247, ebbe la sorte di dedicarsi agli studi teologici e filosofici, apprese varie lingue tra le quali arabo, armeno e uno degli idiomi di origine turca che si parlava nel lontano regno dei Tatari.
A trentadue anni nel 1279 raggiunse l’ Armenia occidentale per traversare la Turchia procedendo nell’ Ilkhanato mongolo della Persia, un primo viaggio a prendere dimestichezza con quelle genti e culture che gli fu preziosa per le successive missioni in Asia ben accette nel Cathay, così il pontefice Niccolò IV decise di inviarlo con una missiva per il potente Kublai Khan. Assieme al domenicano Niccolò da Pistoia, prese il mare a Venezia nel 1289 per la costa turca da dove proseguì per via terrestre in Persia che già ben conosceva, a Tabriz incontrò il mercante Pietro da Lucalongo e partirono 1291 verso quell’ Asia che si schiudeva lentamente ai viaggiatori medioevali.
Furono sulla costa indiana meridionale sbarcando nel Malabar e vi rimasero un anno visitando la missione che si credeva esser stata creata da San Tommaso apostolo, secondo la tradizione giunto nei territori indiani a Muziris nella metà del I secolo fondando comunità cristiane tra Quilon, dove poi sorse la Dioecesis Quilonensis nel 1329, e l’ antica città di Kothamangalam. Durante la permanenza Giovanni da Montecorvino annotò la morte del compagno Niccolò da Pistoia “…partiti da Taoriso città della Persia l’anno del Signore 1291, ed entrai nelle Indie, e fui nella contrada dell’indie alla chiesa dell’Apostolo San Tommaso per tredici mesi, ed ivi battezzai circa cento persone in diversi luoghi, e fu compagno del mio viaggio frate Niccolò da Pistoia dell’ordine dei Frati predicatori, il quale ivi morì e fu sepolto nella medesima chiesa”.
Lasciata la missione indiana proseguì nel Cathay, giunto nella capitale Khanbaliq ebbe notizia che il Gran khan Kublai era moribondo e come precisano le cronache imperiali si spense nel febbraio del 1294, così gli
inviati papali furono accolti dall’ erede al trono Temür Khan che subito Giovanni tentò di convertire invano, tuttavia ne ebbe benevolenza con il permesso di fondare la sua missione e predicare liberamente. Tra le religioni accolte nel vasto impero mongolo da secoli era presente il cristianesimo, fin dall’ epoca nella quale dominavano le steppe divisi in tribù che il grande Temuçin Gengis Khan riunificò per conquistare l’ Asia, una leggenda raccontava che la stessa madre Hoelun del grande condottiero fu convertita da quei missionari nestoriani che fin dal VII secolo per primi presero le vie dell’ Asia.
Così il buon Giovanni non trovò ostacoli alla sua missione dai pagani, ma dai cristiani nestoriani all’ epoca guidati dal potente Rabban Bar Sauma, ambasciatore della Chiesa assira d’ oriente e promotore di un’alleanza tra mongoli e crociati contro i musulmani, che non permetteva ad altri cristiani che non fossero della sua di esercitare opera missionaria. Ben presto entrò in contrasto con i nestoriani che l’ accusarono di millantantare d’ essere inviato dal pontefice cattolico per spiare a corte ed esercitare oscure arti di magia nera, perseguitandone ogni azione per cinque anni fino a trascinarlo in giudizio.
Giovanni da Montecorvino riuscì a dimostrare la falsità delle accuse scampando ad un’ esecuzione, ma nei successivi undici anni di missione fu ostacolato in tutti i modi dalla casta dei nestoriani, tuttavia orgoglioso di quanto era riuscito a realizzare annotò in una lettera:”Ho tradotto in lingua tartara tutto il Nuovo Testamento e il Salterio … Ho costruito nella città di Khanbaliq una chiesa … con un campanile dove ci sono tre campane. Ho battezzato, penso, circa seimila persone … Ho anche comperato dei bambini, pagani, dai sette ai dodici anni, che non avevano religione. Li ho battezzati...”.
Prodigo di lettere e cronache nel gennaio del 1305 poteva vantare oltre seimila conversioni compresa quella del sovrano nestoriano degli Ongud che battezzò Giorgio e consacrò diacono, lamentandosi che alla sua morte il successore era tornato alla confessione nestoriana. Continuando ad elencare ciò che aveva realizzato con il solo aiuto dei fedele Pietro da Lucalongo e pochi fidi seguaci, affidò a un viaggiatore che tornava in Europa una lettera per il nuovo papa Clemente V dove elencava tali successi ottenuti e chiedeva aiuto. Scritta nel dicembre del 1318 è riportata in un codice conservato nella Biblioteca Vaticana, vi elenca i successi nonostante la sua attività bona et dura et aspera e chiede aiuto al pontefice per l’ invio di altri missionari indispensabili a proseguire l’ opera: “Noialtri frati non possiamo vivere a lungo, se non ne vengono altri la chiesa rimarrà senza battesimo e senza fedeli “
Il nuovo pontefice decise di mandare Andrea da Perugia, che divenne vescovo della Dioecesis Zaitonensis a Zayton, assieme a Pellegrino di Castello e i monaci Niccolò da Bantra, Andruzio d’Assisi, Guglielmo da Villanova, Gerardo Albuini, ai quali assegnò poteri vescovili per ordinare in sua vece Giovanni da Montecorvino Gran Primate dell’ Asia Orientale e primo arcivescovo dell’ Archidioecesis Pechimensis di Pechino recando una lettera nella quale manifestò tutta la sua ammirazione: “Considerando con molta attenzione gli sforzi straordinari della santa azione che tu hai compiuto in queste terre, affidiamo al tuo zelo e alla tua sollecitudine plenaria le anime di tutti gli abitanti dell’ intero impero dei tartari “.
Solo tre dei monaci giunsero a Khanbaliq, tre perirono in viaggio, mentre Guglielmo da Villanova tornò indietro e quando Pellegrino da Castello, Gerardo Albuini e Andrea da Perugia arrivarono nel 1323 fu subito celebrata la cerimonia di consacrazione del primo arcivescovo del Cathay. Si concluse così la lunga missione del religioso e gran viaggiatore Giovanni da Montecorvino, altro protagonista di quell’ epoca di conoscenza tra mondi tanto diversi e lontani.
Seguirono altri missionari e i tre vescovi Tommaso, Pietro da Firenze e Girolamo di Catalogna che andarono a costituire la prima grande missione per la diffusione del cristianesimo in quei territori ormai noti del cinese Cathay realizzando l’ opera iniziata quasi trenta anni prima da Giovanni da Montecorvino. Dalle cronache di Pellegrino da Città di Castello, Andrea da Perugia e successivamente dal più noto Odorico da Pordenone, sappiamo che la grande missione asiatica comprendeva oltre diecimila mongoli, circa trentamila convertiti tra caucasici, turchi, armeni e altre etnie dell’ Asia Centrale. L’ opera e la tenace personalità del pio e colto Giovanni da Montecorvino riuscì ad affascinare il Gran Khan Temür che, oltre a concede piena libertà alla sua evangelizzazione, elevò i missionari al rango di ambasciatori con tutti i relativi benefici compresa una pensione.
Sorsero chiese in varie regioni dell’ impero, tra le quali la più grande era quella donata da una pia vedova armena a Canton Guǎngzhōu, la città descritta da Marco come la florida Zaitun, ove era quella cristiana Dioecesis Zaitonensis. Affidata inizialmente ai frati Giovanni Grimaldi, Ventura da Sarzana e Emanuele da Monticello, successivamente al vescovo Gerardo Albuini, a cui successe Pellegrino da Castello nel 1313 la cui attività venne ampiamente descritta dalle cronache di Andrea da Perugia, che ne divenne a sua volta vescovo nel 1322. La benevolenza dei Gran Khan Yuan favorì poi altri centri cristiani e la costruzione di un’ altra chiesa a , un monastero e la sede episcopale a Zayton che divenne il centro del cristianesimo cinese.
Il pio e colto predicatore fu il primo grande viaggiatore in Asia a descrivere minuziosamente ciò che andava facendo, ma l’ importanza delle lunghe lettere del francescano viaggiatore Giovanni da Montecorvino non sta solo nelle cronache della sua opera missionaria, costituiscono una notevole documentazione sulla vita ed usanze degli indiani raccolta durante i tredici mesi di permanenza nel Kerala indiano, quella di mongoli e cinesi yuan sudditi del Gran Khan, i primi resoconti geografici delle terre visitate, oltre note climatiche, agricole e astronomiche di quel Cathay che usciva dalla leggenda per entrare nella storia della lontana Europa. “ Sane in isto vasto imperio sunt gentes de omni natione quae sub coelo est, et de omni septa. Et conceditur omnibus et singulis vivere secundum septam suam”
Estratto da: Paolo del Papa Viaggiatori ed esploratori. Vol. Medioevo. Viaggiatori europei . ©
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