Colombia

Risalendo il rio Magdalena l’ hidalgo de Quesada, dalla poi carriera tanto disgraziata che si dice ispiraò il confuso e visionario Don Quijote di Cervantes, giunse nel 1573 nell’altipiano ove poi sorse Bogotà popolato dai Chibcha che, per un loro antico mito, credettero gli spagnoli d’ origine divina e si prodigarono in preziosi doni di oro e smeraldi attirarandone l’incontenibile avidità con la rapida distruzione di questo popolo sottomesso violentemente ed espropriato del territorio fu suddiviso tra la soldataglia iniziandone la colonizzazione. Fu creato il Nuevo Reino de Granada e quella città battezzata Santa Fe de Bogotà. Ora è la caotica capitale di un paese che quando ci arrivai la prima volta ’era immerso nel cupo e violento clima dei cartelli e narcomafie, con tutta la quotidianetà che ne deriva nel suo stendersi fino ai sordidi slum periferici attraversata dalla lunghissima Avenida Boyacà da dove diramano i quartieri. Dal centro della vecchia Santa Fe con la La_Candelaria e Puente Aranda, poco sopra il tranquillo e verdeggiante Suba, poi Barrios Unidos e il limitrofo Bosa, lI residenziale Chapinero come i vicini Uribe e Usaquèn, a continuare per Los Màrtires che ricorda i caduti per l’indipendenza. Ne’ pressi si va tra Engativà, Fontibòn e Kennedy, scendendo per Usme e Ciudad Bolìvar di dove s’allunga il vasto Sumapaz per la periferia e i suoi slum. Si ritrova la storia al Museo de Oro nello splendore dei suoi tesori tra oggetti sacri e profani, orificeria, statue e maschere rituali che testimoniano la raffinatissima arte di grande cultura precolombiana, ma anche il motivo di quel genocidio in nome del prezioso metallo. Spazzati popoli e culture nel giro di pochi anni, tutto venne fuso in lingotti trasportati nel Vecchio Mondo lasciando solo desolazione e miseria nell’ America indigena. La violenta ed incontenibile avidità dei Conquistadores riempì le casse del cattolicissimo impero pagnolo e riversò in Europa una massa tale d’ oro da produrre una delle più devastanti svalutazioni auree della storia che ne sconvolse l’economia, ma gli avventurieri continuarono a lungo su queste vie dell’Eldorado spingendosi dove nessuno aveva osato.

Dalla zona più settentrionale delle Ande nella sierra di Sierra Santa Marta in questa Colombia, parte il ungo itinerario ideale sulle vie delle Ande e dell’ Eldorado, era l’antico territorio dei Tairona fin dall’ottavo secolo del nostro medioevo e ben prima che gli Incas costruissero le loro strade. Una civiltà di stirpe Chibcha raffinata che da queste parti se ne trovano i discendenti indigeni Kogi ed è suggestivo farsi accompagnare dai loro racconti per la Ciudad Perdida che ne fu la capitale nascosta nella foresta riscoperta da Alvaro Soto nel 1976. Forse una delle tante mitiche città di cui parlano le leggende dei Kogi, gli ultimi Arhuaco e_Jicà o altri indigeni nascoste nelle zone più inaccessibili sud America. Da questo distretto di Magdalena si entra in quello di Antioquia ove sorge la caotica e controversa Medellìn, che quando c’ero era capitale della violencia e del sinistro Cartello di Medellìn. Ci regnavano Pablo Escobar e i fratelli Ochoa, a spartirsi l’ infernale impero del narcotraffico con quelli di Cali e di norte del Valle. Lo ricordo complicato viaggiare in queste regioni che al sospetto d’esser periodista la vita valeva poco o nulla, si dice tutto ciò di molto attenuato da quei tempi, ma la macelleria di quei conflitti continuano sordidi e senza gli echi d’una volta.

Tra la costa caraibica e la regione andina i Tairona avevano creato centri collegati da una fitta rete di strade lastricate che accedevano alle zone più impervie della sierra , probabilmente ebbero contatti con le civiltà dell’America centrale e sicuramente con quelle che si susseguirono nel sud fino al Peru precolombiano. Una popolazione evoluta e raffinata destinata anch’essa al rapido sterminio con l’invasione degli spagnoli come il resto della civiltà Chibcha e di tutte le altre dal Messico al Peru. La cultura e le tradizioni furono abbandonate e ricordate solo nei racconti dei Kogi, Arhuaco e_Jicà, perse nella leggenda fino alla scoperta di Soto che ha aperto un nuovo affascinante capitolo nella storia di quelle civiltà che le si chiamano precolombiane e altri se ne apriranno tra la Colombia e la Patagonia seguendo le antiche vie tra storia e leggenda. Le stesse che hanno portato alla Ciudad Perdida, prima ancora a El Abra più a sud nel Cundinamarca ei misteriosi menhir di El Infiernito ne’ pressi della coloniale Villa de Leyva. Proseguendo nell’ interno si trovano i dipinti rupestri e i monoliti inquietanti a Piedras del Tunjo, la Valle delle statue nel parco Puracè fino al patrimonio di Tierradentro nel Cauca. Passando per Neiva nella suggestione della foresta appare come altro patrimonio la magnifica San Agustin con i suoi misteriosi dolmen ed inquietanti statue tra grandiosi edifici e muti sepolcri d’una grande civiltà. Da San Agustin e i suoi tesori s’estendeva il territorio dei Chibcha, procedendo nel dipartimento del Cauca verso Popayan, si trova Silvia che si colora del mercato animato dai Guambianos, tra i discendenti di quelle antiche popolazioni nella regione tra le due città coloniali. Poi quei mitici popoli dell’oro come i Muisca tra il Cundinamarca e il Boyaca, furono travolti dai conquistadores Belalcàzar e Gonzalo Quesada, nonchè l’ avventuriero teutonico Federmann che cercavano le vie dell’Eldorado.

Nella regione Quindìo e la coloniale Armenia dominavano i Quimbaya, ne rimangono forse discendenti gli ultimi katios e sparsi indios di stirpe Caribe, protagonisti d’ una civiltà che ha lasciato la straordinaria orificeria di raffinata fattura ad abbagliare in quel nel Museo de Oro di Bogota. Antichi echi di culture travolte dalla storia che hanno lasciato brandelli di memoria e confusi ricordi nelle tradizioni e qualche lontano costume di questi indigeni della Colombia che andavo incontrando per queste vie. Sorsero altri centri come Villa de Leyva da dove gli spagnoli continuarono a sfruttare gli indigeni che in meno di due secoli si ridussero a poco più di centomila, la lingua fu dimenticata e i discendenti sopravvivono meticci conservando le antiche leggende del paese Muisca che si stendeva sull’altipiano con miniere d’oro e smeraldi dove gli antenati erano governati dal “Figlio del Sole”Zipa e dal “Figlio della Luna”Zaque, ma confusero demoni venuti da lontano con i loro parenti divini e ne furono sterminati. Probabilmente il mito dell’ El Dorado ebbe origine dalle leggende di questi indigeni della Colombia, menzionato per la prima volta dal cronista spagnolo Juan Castellanos nella monumentale Elègia de varones ilustres de indias a proposito di Sebastiàn Belalcàzar che arrivò dopo de Quesada da Quito, dove un indigeno ch’era di quelle parti gli parlò dell’ oro e smeraldi nella sua terra. Più tardi il cronista Rodrìguez Freyle alimentò ancor più quel mito di Eldorado divulgando le storie del Cacique di Guatavita che doveva passare sei anni isolato in una grotta prima della grande cerimonia di investitura nella laguna Guatavita su una barca tutta finemente d’oro circondato da centinaia di indigeni decorati del prezioso metallo e recanti offerte in gioielli e smeraldi che poi venivano gettate in quella laguna.

Questa ed altre storie convinsero che gli indigeni disponevano di riserve d’oro per le loro cerimonie, decorazioni e statue che splendevano nei templi, miniere inesauribili e città lastricate con il prezioso metallo divennero il miraggio dei conquistadores prima e degli avventurieri poi in una frenetica ricerca nelle zone più impervie tra le le Ande e le foreste d’ Amazzonia. Cominciarono le spedizioni che sconvolsero le comunità sottomesse, profanati templi e tombe nell’affannosa ricerca dei tesori nascosti, sterminando interi villaggi che si opponevano al saccheggio indiscriminato e senza esito. Iniziava l’avventurosa e violenta epopea che sconvolse il sud d’America dalla Guyana all’Argentina, dall’Amazzonia alla remota Patagonia nella ricerca di quelle vie dell’Eldorado. Sorsero anche splendide città coloniali dalla caraibica Cartagena a questa andina Villa de Leyva con i suoi edifici che si stendono dolcemente nella vallata tra i quali il tempo sembra essersi arrestato all’epoca dei primi coloni, cavalieri e hidalgos spinti dai debiti in patria alla conquista del Nuovo Mondo. Verso sud ovest si va nella regione di Amazonas per Leticia, ove s’incrociano le altre leggendarie vie dell’Amazzonia che, seppur lontani dai primi esploratori assicuro essere ancora a volte ardue da percorrere. Mentre di qui la via delle Ande procede nella regione lungo il rio Magdalena ove sorsero quelle che rimangono delle fantastiche figure che ormai impressionano solo visitatori, ma continuano a guardare con occhi allucinati il resto dell’America che si stende immensa a sud oltre l’equatore.

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