Cina – Cathay

Sull’antica Via della Seta nel cuore nella Cina e i confini d’oriente

Xinjiang

La catena del Tianshan divide la regione del Xinjiang nel bacino del Tarim a sud occupato dagli oltre trecentomiola chilometri quadrati del deserto Takla Makan e a nord in quello di Zungaria con le sue immense steppe aride, la popolazione è quasi tutta di origine turca e divisa in undici grandi gruppi tra i quali domina quello Uygur,concentrato fin dall’antichità nelle oasi lungo la Via della Seta.Dall’ antico centro di Kashgar una rotta si collegava al sistema carovaniero del Karakorum-Himalaya che univa le “alte valli” tra Kashmir, Ladakh, Nepal,Tibet e Sikkim, adoperata anche dai monaci per la penetrazione del buddismo nella regione himalayana e in Cina,l’altra proseguiva lungo il Takla Makan occidentale verso i monti Tianshan e il Kazakistan e nel vecchio centro dove sorge la capitale del Xinjiang Urumqi, si ricongiungeva con la diramazione più settentrionale della Via della Seta proveniente dall’ Uzbekistan e le città Taskent e Smarkanda.Urumqi sorge in pieno deserto e sullo sfondo troneggiano come miraggi le vette innevate dei Tianshan, una città cresciuta rapidamente attorno al vecchio nucleo islamico e che ha sostituito gli antichi centri carovanieri del Turkestan cinese nell’ economia del paese per la posizione strategica e le risorse minerali e petrolifere del Xinjiang, dove la maggioranza Uygur da secoli si divide l’ mmenso territorio con la minoranza degli Uzbeki, i discendenti del Khan “Ozbeg” che introdusse l’ Islam nel Turkestan dopo le conquiste di Tamerlano, hanno un’antica tradizione di agricoltori sedentari, inventori degli ingegnosi canali di irrigazione sotterranei “aryk”che permettono di portare la preziosa acqua in ampie zone attorno alle oasi assicurando la vita in regioni altrimenti aridissime e inospitali.Da Urumqi la via che si collegava con la rotta di Samarkanda attraversa un zona di deserto per poi arrampicarsi improvvisamente sui contrafforti delle “Montagne Celesti” Tieashan proiettando il viaggiatore da un territorio arido dall’ allucinante desolazione in magnifici boschi e praterie di montagna verso l’ azzurro cristallino del lago Tianchi dove si riflette il cielo terso coronato dai ghiacciai e i boschi di conifere.Nella zona si trovano gli accampamenti estivi dei nomadi Kazhaki che disseminano le loro yurte sulle radure circostanti il cui ingresso è sempre rivolto al lontano ovest di La Mecca da quando hanno abbracciato l’ Islam, pur conservando le antiche tradizioni e l’ ospitalità nomade, il capofamiglia accoglie gli ospiti seduto sui pesanti tappeti attorno al focolare, presenta la moglie, i figli e offre the e latte fermentato “kumisy” secondo le antiche formule dell’ ospitalità e raccontando del suo popolo ad ogni novello Marco Polo che ancora incroci le loro secolari transumanze.La società tradizionale kazhaka è costituita dai nobili “Ak-Sujek” o “ossa bianche” che si considerano discendenti di Gengiz Khan e dai sudditi “Kara-Sujek” o “ossa nere”, la maggioranza è divenuta sedentaria oltre confine, le tribù rimaste nomadi sono ancora legate ai loro spostamenti stagionali tra il Khazakistan e il Xinjiang cinese senza curarsi delle frontiere, ma solo dei tradizionali territori di pascolo, a volte ignorando gli stati e gli imperi che se li sono contesi,che sorgono e rovinano nella storia,mentre loro continuano la loro esistenza da generazioni.Scendendo dai Tienshan verso lo sconfinato Takla Makan,si incrocia la “Peilu Passava”, la diramazione della rotta principale che, costeggiando i contrafforti montuosi, evitava una parte della traversata del deserto e entrandovi si comprendono i timori degli antichi carovanieri ,le note impressionate di Marco Polo e di tutti gli altri viaggiatori che lo hanno affrontato verso il Cathay.Un’ immensa distesa infuocata di allucinante monotonia priva di oasi e ogni segno di vita da attraversare il più rapidamente possibile per non esserne inghiottiti.La rotta giungeva poi all’ altezza delle pendici settentrionali dei monti Kunlun dove passava la “Nulu”, diramazione meridionale della via della seta, che attraversva il bacino di Zungaria per raggiungere il centro carovaniero di Kothan e proseguire per Kashgar dove si ricongiungeva all’altra rotta e valicava i passi del Pamir per l’Afghanistan e la Bactriana.Nella Zungaria si trovano le comunità più orientali dei Kirghisi, discendenti dalle tribù “Qara Qirgiz” che invaseo l’antico regno Uygur nel nono secolo provenendo dalle steppe del nord, subirono poi per due volte la conquista dei mongoli che ne sconvolsero la società trasformandoli da agricoltori sedentari a nomadi.Tra i primi a convertirsi all’i slamismo, i loro poemi epici raccontano che furono protagonisti di guerre sante contro gli infedeli della regione e “braccio del Profeta” nel Turkestan, ma hanno però sempre conservato le antiche tradizioni preislamiche dei loro antenati siberiani e gli sciamani “baski” hanno spesso maggiore autorità dei “mullah” musulmani, e tribù sono divise in ala sinistra “Sol” e ala destra “On” secondo la posizione nella quale erano inquadrate nell’ esercito di Gengiz Khan ed ognuna è organizzata in clan e stirpi consanguinee dirette dai consigli degli anziani “manop”.

Takla Makhan

Attraverso il Takla Makhan la grande rotta carovaniera giungeva nell’ infuocata depressione di Turpan dalle allucinanti escursioni termiche tra l’ estate torrida che fa misurare i cinquanta gradi e un inverno rigido dalle temperature molto inferiori allo zero, ma l’ ostilità ambientale non ha impedito gli insediamenti umani nella sua oasi, fin dall’antichità fu centro della civiltà Tokhariana che riuscì a legare le proprie origini culturali indoeuropee con l’influenze cinesi e Turpan divenne una delle tappe fondamentali della via della seta in Turkestan.Qui il sistema degli “aryk” si rivela un capolavoro di ingegneria idrica e riesce a convogliare le scarse acque piovane e di piccole sorgenti sotterranee nella profondità dei campi coltivati attorno all’oasi.Sulle piste del deserto circostante che serpeggiano tra dune gigantesche e fantastiche formazioni rocciose, sono disseminate le rovine delle antiche culture che si sono succedute nella regione, nella pianura di Qarachar arroventata dal sole sono state rinvenute oltre quattrocento tombe piene di oggetti preziosi e sete, poco distante si stendono le rovine di Goacheng centro di un altro regno sino-indoeuropeo del cui splendore parlano le cronache T’ang del nono secolo.Sfiorando l’ impressionante “Montagna di Fuoco” Huoyanshan che appare come un incendio di roccia rossa nell’ abbacinante uniformità del deserto, si raggiunge una piccola oasi nel fondo di una stretta gola dominata da gigantesche dune, scavate nel fianco della gola decine di grotte affrescate dai monaci testimoniano la diffusione del buddismo nella regione da dove seguì le rotte carovaniere a ovest fino in Afghanistan e ad est penetrando in Cina e nell’Himalaya, nonostante la penetrazione islamica celebrata nella moschea tra le più antiche del Turkestan, tra gli Uygur di Turpan il buddismo sopravvisse fino al quindicesimo secolo e rimane per una minuscola minoranza.L’ antica via nel deserto è seguita dalla ferrovia del Xinjiang percorsa da un treno affollato di contadini, commercianti, funzionari ed operai che si recano all’ est, tra famiglie e lavoratori uygur, kirghisi, uzbeki, cinesi e altre razze che si parlano nelle varie lingue e dialetti,dal turco al mandarino, capita qualche russo della comunità rimasta nel Xinjiang dall’ epoca zarista felice di parlare nella sua lingua originale ad un raro viaggiatore europeo,convinto che il russo sia lingua naturalmente più comprensibile che l’uygur o il cinese.All’ alba il treno si arresta nella stazione di Liuyan in pieno deserto per far scendere qualche passeggero e proseguire sull’ unica via che punta dritta verso l’ orizzonte piatto e sconfinato della pianura desertica dove pascolano i cammelli e che fu la carovaniera principale della via della seta verso il leggendario centro di Dunhuang.

Dunhuang

Nell’ antichità era noto come Shazhou e le cronache dinastiche Han del II secolo a.C.lo definiscono la “porta occidentale dell’ impero”, per secoli controllò tutto il traffico carovaneiro attraverso i due passaggi obbligati nel deserto a Yumen e Yangguan protetti da fortificazioni e poco distante dalla sabbia emergono i resti del settore più occidentale della Grande Muraglia edificata dagli Han per proteggere l’impero dai barbari del nord e dell’ovest.Fu tra i più importanti centri buddisti per la diffusione della dottrina dell’ “Illuminato” in Asia e nelle vicine grotte di Mogaku gli affreschi rupestri ne sono una delle massime espressioni artistiche, le grotte più antiche risalgono al 336 a.C., le altre furono scavate e decorate nei mille anni successivi reppresentando mirabilmente tutto il pantheon buddista, ritratti e storie delle varie epoche dinastiche dipinti nei vari stili della grande arte rupestre cinese.All’inizio del secolo il venerabile monaco Wang Yuanlu scoprì una grotta contenente cinquantamila documenti e testi redatti in sanscrito, cinese, uygur, tibetano e lingue locali per sette dinastie: preghiere, divinazioni, cronache, stime di carovane, contratti commerciali, studi astronomici e geografici: un’enorme e preziosa fonte di informazioni alla cui conservazione e studio presiede un istituto creato dal governo rivoluzionario appena insediatosi e da Zhou En Lai in persona nel 1950.Dunhuang è circondata da un mare di dune alte centinaia di metri, un’ impossibile oasi verde persa nell’immensità del deserto dove i cammellieri da generazioni sanno trovare i passaggi giungendo da est e da ovest sulla via della seta e questo centro,che per oltre un millennio ne è stata una delle soste più importanti, si annunciava alle carovane e i viaggiatori con la piccola oasi “della luna nascente” Yueya dove, raccontano vecchie storie di cammellieri e viaggiatori, nelle notti di luna il piccolo laghetto riflette la pallida luce della luna come un tenue faro per le carovane provate dal deserto.

Gansu

Procedendo ad est il paesaggio comincia a cambiare lentamente come i volti che si incontrano e i duri tratti delle genti dell’ Asia centrale si mescolano sempre di più a quelli tipicamente cinesi,come la lingua,le scritte,gli abiti e il cibo.La rotta continua mantenendo sulla sinistra l’ arida distesa lunare del deserto Ala Shan, a destra le sagome scure dei monti Nan Shan, entrando nel “corridoio del Gansu” che per millequattrocento chilometri collega i deserti dell’ ovest al fertile bacino dello Huang Ho e il mitico Fiume Giallo.Il Gansu è sempre stato il passaggio naturale dal Turkestan e l’ Asia centrale al celeste impero e tutte le dinastie se lo sono conteso,era dominato da una poderosa fortezza che chiudeva il passo di Jayaguan e dove terminavano gli oltre seimila chilometri della Grande Muraglia, da essa la vista si perde lungo l’ interminabile serpeggiare delle mura tra gli aridi colli della regione dominata dalle vette innevate dei monti Qilan.Il paesaggio lunare si trasforma in ordinate coltivazioni che si alternano a piccoli villaggi fino a Lanzhou che si stende ai piedi dei monti Gaolan e lungo lo Yang-tse-Kiang, da secoli ricettacolo di merci e cultura verso l’impero,l’incontro tra l’est e l’ovest del leggendario Cathay.Dalla sommità della collina della “Pagoda Bianca” si domina l’intera città con i suoi quartieri musulmani concentrati sulla riva destra del fiume separati da quelli cinesi templi buddisti, pagode taoiste e moschee musulmane si spartiscono da secoli le anime degli abitanti. Certe piazze si confondono di suk islamico e mercato cinese tra volti, abiti, merci e odori diversi dell’Asia musulmana e la Cina, qui la via della seta dell ‘ovest si congiunge a quella dell’ est e due mondi convivono nella comune origine del commercio e lo scambio in un equilibrio che incantò i viaggiatori dell’ intollerante Europa medioevale.

Shhanxi

Lasciata Lanzhou si entra nella provincia dello Shhanxi lungo il bacino dello Huang Ho dove l’ ambiente è stato perfettamente organizzato dal lavoro millenario degli uomini nella culla della civiltà cinese, qui fiorì la cultura neolitica Yanghao seimila anii prima della nostra era dalla quale nacque lo stato degli Xia, la prima di una lunghissima serie di dinastie, il leggendario Yu il Grande “Colui che imbrigliò i fiumi” nel XXI secolo a.C.deviò il corso dello dello Huang Ho con una delle più grandi opere dell’antichità e il regno prosperò come nessuna altra prima civiltà asiatica.La scrittura si trasformò da pittografica nei più evoluti ideogrammi e da quel momento ogni avvenimento dell’ impero e dei suoi rapporti con il resto del mondo fu meticolosamente registrato,annotato e commentato per oltre tremila anni, venne scoperto il segreto della seta,l a cui divulgazione veniva punita con la morte, che raggiunse i mercati del mondo conosciuto.

L’ ultimo tratto della via della seta giunge nell’ antica Chang-An, Xi’an capitale di undici dinastie per oltre un millennio che si schiude come un forziere con i suoi tesori,l o splendore della “Pagoda dell’Oca Selvaggia” Dayan-Ta,l e eleganti torri della Campana e del Tamburo che annunciavano l’ apertura e la chiusura delle porte della città ai mercanti e i viaggiatori giunti da ogni parte dell’ Asia e dei lontani territori dell’ ovest, la tomba di Qui Shi Huang dove l’imperatore si fece seppellire con migliaia di statue in terracotta a grandezza naturale che rappresentavano il suo esercito di fanti e cavalieri, muti ed enigmatici guerrieri a difesa del mito e della storia del Celeste Impero.Quando la capitale fu trasferita e i mongoli invasero l’ impero, la Cina avvolse con i sua cultura millenaria le orde dilagate dal nord e il nuovo sovrano si abbandonò alle sue raffinatezze facendo di Pechino il cuore dell’impero, Kubilay Khan creò una delle più splendide capitali del mondo incantando Marco Polo e tutti coloro che la visitarono venendo sulla via della seta:Kambaliq che governava il leggendario Cathay.

Beijing

La piazza Tienan Men è lo splendido cuore secolare di Pechino dove si ripetono nuovi riti con antico rispetto.la lunga fila ordinata ancora attende di accedere al mausoleo dell’ ultimo grande imperatore Mao Zedong per onorare colui che riunificò la Cina e la rese potente, così come fecero altri condottieri nella storia millenaria della Cina che affonda nel mito.Da un lato di questa immensa piazza,dove la folla ha concentrato la storia cinese dai Ming al “Grande Timoniere” e i suoi successori, si accede alla “Città Proibita” edificata dai Ming all’inizio del XV secolo e che fu la splendida corte di ventiquattro imperatori interdetta agli estranei,le cronache raccontano che fu il lavoro di centomila artigiani e un milione di operai incessantemente all’opera dal regno di Yung Le nel 1406 a quello di Ming Wan Li nel 1609 per la gloria del Celeste Impero.Circondata da un alto muro racchiude un’ interminabile fuga di corti, canali, portali, palazzi, giardini e templi dall’ impareggiabile ricchezza ed armonia, simbolo supremo dell’ assolutismo imperiale e dimora divina di un potere indiscutibile che completava lo splendore e la grandiosità della vecchia “città tartara”dove il Qubilay Khan accolse il giovane Polo e lo tenne al suo servizio per diciassette anni svelando al mondo la magnificenza del Cathay al termine della via della seta.Ad una cinquantina di chilometri i Ming fecero costruire i loro sepolcri dove riposano tredici sovrani della dinastia, necropoli di lusso e di potenza alla quale si accede con la Via Imperiale lungo cui si inseguono le massicce statue di dignitari, esseri e animali mitologici, a continuazione delle grandiose opere delle dinastie precedenti nell’immutabile splendore millenario del celeste impero.Molti secoli separano le grandi realizzazioni dei Ming da quelle dei predecessori a Pechino ma la più antica e grandiosa emerge magnifica a Bada Ling, uno dei punti del “Lungo Muro dei Diecimila Li” Wanli Chang Cheng, la muraglia alta sette metri con torri e fortificazioni che si susseguono tra i duecento e i trecento metri tra loro per oltre seimila chilometri dalla costa nord orientale dello Shanhai Guan fino al deserto del Gansu, voluta nel terzo secolo prima di Cristo dall’ imperatore Ch’ in Huang Ti contro la minaccia dei barbari nomadi delle steppe mongole e delle terre dell’ovest, tracciando i confini di pietra dell’ impero che potevano essere varcati solo per conquistare nuovi territori, ma che non frenarono le orde dei popoli delle steppe quando decisero di dilagare a sud.

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