Dal Quaternario in poi Corsica e Sardegna probabilmente erano collegate tra loro da bassi fondali e periodiche terre emerse e forse anche con le coste italiane nel lungo periodo tra il cinquantesimo e il decimo millennio a.C., che ha visto la presenza umana in Corsica.I resti di ossa rinvenuti ad Araguina Sennola, vicino a Bonifacio, sono databili al 6570 a.C., nel pieno del neolitico dell’ isola popolata da comunità di cacciatori e agricoltori alle quali seguirono verso l’ inizio del VI millennio gruppi più organizzati che ben presto si trasformarono in allevatori e agricoltori sedentari. Essi furono i protagonisti del neolitico antico o ” cardiale “, a causa delle loro ceramiche che decoravano con la conchiglia – cardium. Resti di questa cultura neolitica sono stati rinvenuti a Filitosa, Vizzavona , Levie, Aleria, Bonifacio e St.Florent, Dalla metà del V millennio a.C.oltre all’ evoluzione degli insediamenti interni vennero popolate le coste da pescatori e allevatori el’ , pur essendo nota, rimane un’attività marginale.
Per fabbricare utensili e ceramiche erano utilizzate anche alcune tecniche provenienti dal continente, il che rivela I’inizio della navigazione.II neolitico calcolitico ,dal greco khalkos rame, si sviluppò in Corsica tra il 2800 e il 1800 a.C., si assiste ad un maggiore sviluppo della coltivazione dei cereali, come dimostrano numerose macine risalenti a quel periodo, trovate durante alcuni scavi. I defunti erano posti in celle funerarie e successivamente in dolmen. Su tutta I’isola compaiono i megaliti.
Nei pressi di Aleria, sono state trovate tracce di metallurgia del rame, risalenti al 2600 a.C., una delle testimonianze piu antiche del bacino mediterraneo. La civiltà megalitica che in Corsica fiorì tra il IV e il I millennio a.C. al 1000 a.C. , fu studiata per la prima volta nel 1840 da Prosper Mérimée, con la descrizione di numerosi monumenti megalitici rinvenuti nell’ isola. Al suo inizio la cultura megalitica aveva caratteri di una civiltà di allevatori e agricoltori con particolari usi, come la sepoltura dei defunti i in celle funerarie e successivamente in dolmen.
Contemporaneamente si assiste alla comparsa di blocchi monolitici verticali, alti talvolta 4 m: si tratta dei menhir, monumenti funerari a volte isolati, a volte raggruppati in cerchio o allineati. Da questo punto di vista, la ricchezza della Corsica rappresenta un patrimonio veramente eccezionale nel bacino mediterraneo. I menhir sono stati ritrovati a centinaia nell’isola e, sicuramente, ne esistono ancora molti altri non ancora portati alla luce dagli scavi archeologici. Nell’età del bronzo tra il 1800 e ’800 a.C, comparvero le statue “menhir”, contemporanee ai “castelli” fortificati ed alle “torre”.
Di questi monumenti ne sono stati rinvenuti un’ ottantina con caratteri antropomorfi e su quelli ritrovati nel Nord dell’isola è possibile rilevare alcuni dettagli anatomici e tracce più incerte, forse riferibili ai particolari delle vesti, mentre le statue del Sud sono spesso decorate con armi. Per alcuni archeologi, i popoli della civiltà megalitica avrebbero voluto rappresentare in questo modo il nemico ucciso in combattimento per appropriarsi della sua potenza, come troviamo in Aristotele che scrisse “Gli iberi, popolo bellicoso, innalzavano intorno alle loro tombe un numero di obelischi pari a quello dei nemici uccisi dal defunto durante la sua esistenza”.
Tuttavia in Corsica questo tipo di menhir dovevano rappresentare solo personalità defunte o divinità, come testimoniano i resti nella zona di Sartene e nella valle Taravo, il dolmen di Fontanaccia, gli allineamenti di Cauria, Palaggiu e Stantari. I resti megalitici nelle zone di Niolo, Nebbio e i Balagna sono parte del paesaggio da sempre e gli abitanti chiamano i dolmen stazzone e i menhir stantare. Verso il 1600 a.C. si sviluppò la “civiltà torreana”, dai numerosi monumenti a forma di “torre” eretti in quell’epoca, simili ai nuraghi sardi. Queste costruzioni, non fortificate e talvolta molto semplici, hanno un diametro di circa dieci metri, con al centro un piccolo spazio circolare didue metri . di diametro. Altre, molto più ampie, prevedono, oltre ad un monumento centrale, anche una zona abitativa costituita solo da qualche capanna o persino da un vero e proprio villaggio. In genere sono dotate diuna cinta fortificata.
Quando, nel 1954, questi resti torreani furono sottoposti per la prima volta a seri studi, si credette di poterli attribuire ad un popolo di invasori ,poteticamente mediorientale,sbarcati nei dintorni di Porto Vecchio, respingendo le popolazioni verso il Nord dell’isola. In ogni caso comunque le costruzioni erette da questo popolo bellicoso avrebbero avuto una funzione di culto. L’ipotesi più attendibile sostiene che la civiltà torreana sia stata determinata da un’evoluzione meno violenta della popolazione insulare megalitica, a cui abbiano contribuito anche contatti con popolazioni straniere dovuti a normali scambi commerciali, peraltro comuni all’interno del bacino mediterraneo. In questo quadro, i monumenti torreani sembrano aver assolto piuttosto un ruolo utilitario, destinato a rispondere alle necessità di una società rurale in cui era già presente l’attività artigianale. I resti più rilevanti di questa civiltà sono indubbiamente quelli rinvenuti nelle zone di Levie e Porto Vecchio. Particolarmente i cosiddetti “castelli”castello di Cucuruzzu,Arraggio e Torre, oltre il vasto sito megalitico di Filitosa.
Greci e romani
Cronache e documenti greci e romani hanno lasciato numerose testimonianze sulla Corsica, ma poco chiari sulla popolazione e sulle conquiste dei focesi e dei romani. II geografo Strabone, il filosofo Seneca, inviato in esilio in Corsica, l’oratore Cicerone, gli storici Erodoto e Tito Livio ci hanno lasciato interessanti cronache, ma la ricerca archeologica è ancora frammentaria. I siti greci e romani sono stati rinvenuti a Mariana e soprattutto Aleria, alle foci del Tavignano, importante scalo commerciale ed una base navale.
Fu una colonia greca prima di essere conquistata dai romani ed assurgere, sotto l’impero, a capitale della “provincia”. II suo museo offre numerose testimonianze dei legami commerciali tra Aleria e la Grecia e l’Italia: collezione di crateri e di pezzi provenienti dall’Attica, bronzi scoperti nella necropoli, mosaici, monete, ceramiche. Si tratta dunque di arte importata, non realmente autoctona che tuttavia mostra come questa società insulare fosse aperta alle influenze artistiche del mondo mediterraneo.
Gli scavi hanno inoltre rivelato un assetto urbanistico più riferibile alla cultura latina che a quella corsa; sono stati portati alla luce resti di un tempio, di un foro, di un pretorio, di alcune terme e di uno stabilimento industriale. Alle foci del Golo, accanto alla chiesa della Canonica, sorge Mariana, un’antica città ed un importante porto dove stazionava una parte della flotta di Misene che aveva la sua base nei pressi di Napoli. Nel III sec si diffuse il cristianesimo dopo il martirio di santa Devota, nel 202, mentre il sarcofago di santa Restituta a Calenzana è del IV sec. A Calvi, Ajaccio, St.Florent, Sagone, Mariana e altri luoghi sono stati rinvenuti resti di basiliche che testimonierebbero una notevole attività artistica paleocristiana tra il III e il V secolo, il cui esempio più alto è il battistero di Mariana nei pressi di Canonica del 380, che era decorato con elaborati mosaici.
Nel V secolo anche la Corsica fu preda delle prime invasioni barbariche che distrussero gran parte degli insediamenti sulla costa costringendo la popolazione a rifugiarsi nell’ interno dove i resti paleocristiani del V e VI secolo mostrano un notevole impoverimento rispetto ai precedenti.Dopo il medioevo si hanno i primi studi nel XV sec. doi Giovanni della Grossa, nel 1550 la cronaca di Ceccaldi che riprende quella di Giovanni della Grossa; nel 1594 fu pubblicata la ” Historia di Corsica ” dell’arcidiacono Anton Pietro Filippini, a sua volta attinta a piene mani dalla cronaca di Ceccaldi. Agli inizi del XVI° sec., firmandosi con lo pseudonimo di Pietro Cirneo, Pietro Felce compose la sua storia della Corsica: ” De rebus corsicis “. La fedeltà storica di queste cronache è discutibile, sia per lo spirito che anima gli autori, preoccupati di portare lustro alla loro isola, sia per la mancanza di rigore. Per quanto poi concerne tutto il periodo antecedente alle loro opere, ad esempio il Medio Evo, la leggenda si mescola alla realtà storica.
Ai nostri giorni, lo storico dispone di fonti contemporanee, anche se alquanto sparse: un’importanza primaria rivestono infatti gli archivi di Pisa, di Genova e del Vaticano. Di notevole interesse sono gli ” Annali di Genova “, primo saggio scritto sulla storia corsa, pubblicato a Genova nel 1537 da Agostino Giustiniani, vescovo di Nebbio. II racconto più antico di cui disponiamo è quello di Erodoto, grande storico greco del v° sec. a.C. Egli narra le vicende che, intorno al 535 a.C., condussero ad una imponente battaglia navale tra i focesi, fondatori di una colonia ad ” Alalia ” Aleria ed invisi per i loro atti di pirateria, ed una coalizione etrusco – punica, forte di ben 120 navi; sembra che la vittoria abbia arriso ai focesi. Nel VI° e V° sec. a.C., la Corsica ebbe un ruolo importante nelle grandi vie di comunicazione dell’antichità Attraverso Aleria penetrano nell’isola le innovazioni tecniche del mondo mediterraneo nonché le nuove concezioni religiose e sicuramente anche la scrittura greca.
La conquista romana, iniziata nel 259 a.C. con la presa di Aleria, terminerà solo nel 111 a.C. Sulla base della carta redatta nel II° sec. dal geografo greco Tolomeo, tra il I° ed il III° sec. la Corsica si presenta come un’isola prospera, con 32 città e 12 tribù. II filosofo latino Seneca, esiliato in Corsica dal 41 al 49 d.C. per aver sedotto la nipote dell’imperatore, riferisce che, sulla costa orientale, si parlava ancora il greco. Nel II° sec., vi fu un mescolamento di razze tra popolazioni autoctone, coloni latini e stranieri di ogni origine. Nonostante le persecuzioni di Diocleziano, la Cristianizzazione, iniziata nelle colonie romane di Aleria e Mariana, investe rapidamente tutta la Corsica e si tinge anche del sangue di alcuni martiri : santa Restituta a Calvi, santa Devota e santa Giulia.
Nel V° sec., le invasioni dei vandali e, successivamente, degli ostrogoti gettano nel disordine e nella rovina le cinque sedi vescovili dell’isola, tutte situate lungo il mare a Mariana, Aleria, St. Florent, Sagone e Ajaccio. La loro riorganizzazione è operata da Gregorio Magno tra il 590 e il 604, a cui si deve anche la creazione del nuovo vescovado di Accia.Dal VII° all’XI° sec. il Mediterraneo fu saccheggiato dai pirati musulmani del nord Africa e i saraceni si insediarono in varie località come Campomoro, Morsiglia, Morosaglia, mentre gli abitanti dell’isola si ritirarono alll’interno e da marinai divennero montanari allevatori e agricoltori.