Figli del Sole
Allora per la scala della terra sono salito,/fra gli atroci meandri delle selve sperdute,/sino a te, Machu Pichu./ Alta città di pietre a scalinata,/dimora degli esseri che il terrestre/non poté celare nelle vesti assonnate. Pablo Neruda così canta l’ Alturas de Machu Picchu nei suoi Poemas del Alma e i versi più d’ ogni altro studio mi hanno accompagnato la prima volta che sono salito per l’ antico Qhapaq Ñan del camino inca, suprema memoria di quella cultura che ho ritrovato cercandola tra gli indios andini.
A differenza di altre civiltà precolombiane scomparse, degli Incas non rimangono solo muti siti archeologici
del vasto impero Tahuantinsuyu, ma un patrimonio culturale ancora molto vivo tra gli Indios andini sopravvissuto alla travolgente avanzata dei conquistadores che aprirono alla colonizzazione europea e qui fondarono il loro vicereame. Più che altrove la varietà di popolazioni ed etnie è legata alla cultura indigena che ha creato un sincretismo culturale, dal vulcanico Ecuador agli altipiani del Perù e della Bolivia ai territori montuosi argentini i discendenti dei Figli del Sole conducono un’esistenza simile a quella dei loro antenati. L’antico sistema degli ayllu è ancora radicato in varie zone dove la terra è distribuita tra le famiglie e clan che continuano a seguire modi e ritmi dell’agricoltura incaica. Nelle zone più impervie si spostano sui tracciati delle antiche strade superando gole e precipizi con i ponti di corda mantenuti da secoli, molti usi e costumi di quella società sono rimasti nelle comunità andine e anche con il cattolicesimo tradizioni e ritualità si legano alla religione. Alcuni siti archeologici sono testimonianze di miti tramandati da generazioni, come tra le rovine di Llactapata nella Valle Sacra, dove i Quechua affermano che gli antenati trovarono ossa enormi di una popolazione di giganti che annientati dagli dei irritati dai loro vizi, leggenda riportata anche dal cronista spagnolo Cieza de_Leòn. Nella tradizione andina tutto ciò che si riferisce agli antenati è investito di sacralità o superstizione, siti archeologici e i patrimoni lasciati dalle antiche culture, tombe, località mitiche delle leggende tramandate, forse l’unico esempio al mondo in cui la tradizione orale di una civiltà scomparsa continua a condizionare la cultura dei discendenti. Questi luoghi sono oggetto di culto e sede di una forza sovrannaturale che ne custodisce la sacralità colpendo i profanatori, è l’antimonio che produce malesseri misteriosi e a volte la morte, nella credenza arcaica della vendetta dei degli spiriti. Nel territorio andino l’ antica architettura racchiude località sacre e misteriose, in Perù tra Cajamarquilla verso il centro nel deserto costiero di Piura si trova l’ Achiqueparacan, il “pube pietrificato di Achique”, rocce che evocano il mito incaico di una fanciulla divina temuta ed onorata dagli indigeni, in molti di questi luoghi risiedono gli Apus, spiriti delle forze naturali, che hanno origini nella tradizione religiosa incaica, ai quali vengono offerti cibo, bevande alcoliche, tabacco e coca in buche o nicchie usate dagli antenati. La medicina e molte ritualità dei sacerdoti precolombiani sono ora praticati nei riti guaritivi dei curanderos e le pratiche dello sciamanesimo , come il catipay che prevede una lunga masticazione di coca e ingerimento di varie sostanze per acquisire capacità divinatorie e comunicare con gli spiriti, la più potente è l’ ayahuasca che ho avuto modo di sperimentare e documentarne ritualità ed effetti tra gli indios Machiguengas dell’ alto rio Urubamba. I sacerdoti incaici a volte incaricavano una sorta di sicari religiosi per procurarsi “materiale umano” necessario a riti sacrificali segreti, un’ usanza ancora poco nota agli storici tramandata come leggenda nella figura sinistra del Pishtaco che si aggira nelle tenebre non più per rifornire i sacerdoti di vittime, ma per ricavare il grasso da vendere per i macchinari moderni e industrie di cosmetici, una pratica attuale attuale stando a ciò che mi raccontavano e dalle notizie di cronaca. Anche nelle città tra le comunità indigene immigrate sussistono antiche tradizioni come le riunioni pasainadas con danze e canti per le celebrazioni proprie dell’ Aillu di appartenenza. Molte fiestas si svolgono come riportato dai primi cronisti spagnoli: gli abitanti del villaggio invadono le strade ballando, cantando e bevendo la chicha che i sacerdoti incaici benedicevano nelle feste, a volte personaggi mascherati che evocano figure leggendarie precolombiane come nel caso di molte feste carneavalesche, la Tumbamante e la Yunsa che i primi cronisti definirono come pagane. Tra le antiche danze sono ancora frequenti la Zamacueca nella zona della capitale, altrove la pieles rojas, il corpus Mozo e il paso Huanquilla, le suggestive Tunantada e wayñu Huayno, di tradizione boliviana la Llamerada e la frenetica Tinku. Altre sono originarie del periodo coloniale e gli indios sottomessi rappresentavano i conquistadores con sembianze comiche e demoniache contrastate da figure nobili indigene, come la nota Diablada nella boliviana Oruro durante l’animato carnevale. Il tema del contrasto con gli invasori europei e del riscatto indigeno ha prodotto numerose manifestazioni tradizionali , come il mito dell’ Inkarri, un nobile inca decapitato dai conquisadores che tornerà sulla terra a riscattare gli indigeni quando il suo corpo e la sua testa, sepolti separatamente, si ricongiungeranno e risorgerà l’ impero dei Figli del Sole. L’ anima indigena sorge in molte altre feste tradizionali ed eventi popolari, oltre che la Semana Santa pasquale e l’ animatissimo carnevale, nel nord sono varie nella zona andina di Cajamarca e in quella del Lambayeque con la devozione alla Cruz de Motupe, procedendo nella regione settentrionale di Piura i pellegrinaggia al santuario Virgen de las Mercedes e l’ inquietante devozione al Señor de la Muerte di Chocàn . Scendendo nel dipartimento di Junìn centrale a Tarma in ricordo di una epidemia si celebra il Señor de Muruhuay , lungo la costa il Verano Negro che ricorda gli schiavi importati dagli spagnoli, le danze indios nella Chincha Alta e le cerimonie di San Pedrito a Chimbote. La pasquale Semana Santa celebrata alla maniera indigena ad Ayacucho e la capitale Lima dove si celebra anche la Rosa santa, ad Huancavelica e più a sud ad Arequipa nella cui regione si svolgono anche le cerimonie della Virgen de Chapi. Spostandosi nella regionedi Iquitos amazzonica si celebra la fiesta di San Juan de la selva e nel sud peruviano la suggestiva Candelaria a Puno attorno la chiesa San Juan Bautista e la frenetica Diablada puneña. Nelle feste dell’ antica Cuzco le celebrazioni precolombiane e il folclore tradizionale si mescolano alle cattoliche in eventi suggestivi molte tenute nella Plaza de Armas Huacaypata e attorno la Cattedrale sorta sul gran tempio solare del Quri’kancha, vi è celebrato il Natale Noche Buena con il Santuranticuy e nell’ epifania la Bajada de Reyes per l’arrivo dei Re Magi . Qui la celebrazione della Semana Santa coincide con quella del Signore dei Terremoti Taytacha Timplures, molto sentite le cerimonie del Corpus Domini Christi e la venerazione della Vera Cruz Velacuy , il Tant’a Wawa nel giorno di Todos Santos. Fervente è il culto della Virgen de Calca e nel vicino centro indigeno di Paucartambo si celebra la Mamacha consacrata alla Madonna Virgen del Carmen, suggestivo il pellegrinaggio al santuario del venerato Señor de Huanca .Quel particolare sincretismo culturale e religioso si manifesta particolarmente nel grande rito del pellegrinaggio al santuario Taytacha Quyllurit’i, poi l’ anima indigena si separa delle altre feste con l’ animato carnaval cusqueño e soprattutto con la suggestiva celebrazione in giugno con le cerimonie incaiche del sontuoso Inti Raimi.
Itinerari nella cultura andina
Venendo dall’Ecuador si entra nella regione peruviana di Amazonas dove la civiltà Chachapoyas dominava il nord dalla città che ha lasciato il suo vasto sito , nell’ omonimo distretto sorge la fortificata Leimebamba e altre cittadelle come l’ imponente fortezza di Tingo Kuelap, tra il rio Marañón e l’ orientale Huallaga lungo il rio Abiseo si trova l’ omonima riserva con vari siti nella jungla e il Gran Pajàten. Si sale la Cordillera Blanca da dove emerge il massiccio chiamato in quechua Waskaran che ne ricordo un’ impegnativa ascesa al campo base dello Huascaràn accompagnato da indigeni che ne raccontavano leggende e misteri, scendendo poi per la Cordillera Negra attraverso la regione di Ancash cercando i luoghi mitici degli indios andini. Dalla più antica Chavin de Huantar alla Lima coloniale che conserva la piramide Huaca Pucclana, i resti della civiltà Moche tra il deserto e la costa settentrionale e la Chimu che ha lasciato la città fortificata costiera di Chan Chan. Scendendo lungo la costa si trova la città che fu al centro della civiltà che ha edificato il mirabile acquedotto puquios di Cantayo, lasciando il centro cerimoniale di Cahuachi, la necropoli di Chauchilla e la memoria più suggestiva della sua cultura con le misteriose Linee di geroglifici nel deserto di Nazca, che da quella civiltà prende nome. Lasciando la costa con al largo le isole Ballestas dalle varie colonie di uccelli che per secoli hanno rifornito il prezioso guano, l’antica via incaica va per la Cordillera orientale meridionale giungendo a Cuzco dal suggestivo centro storico edificato sui granitici resti di quello che era l’ ombelico del mondo Inca al centro della grandiosa Valle Sacra ove si erge magnificamente il Machu Pichu. Tutto qui per gli indigeni è di arcaica memoria e oggetto di culti mantenuti nella cristianizzazione forzata, al tempio dell’ acqua con il bagno dell’ inca a Tambomachay, tra gli imponenti resti megalitici e il santuario dell’ oracolo a Qenqo, nella fortezza rossa di Puka Pukara , nel vasto sito archeologico e il villaggio di Pìsac con l’animato mercato indio. Tra i resti di Ollantaytambo dopo cinque secoli si ricorda la battaglia dove l’ inca Manco II cercò di fermare i conquistadores di Hernando Pizarro inviato dal fratello Francisco, ultima resistenza sconfitta prima della c violenta conquista che sgretolò l’ impero inca. Nella suggestione delle imponenti mura di Sacsayhuamàn il popolo Quechua a giugno celebra il solstizio invernale australe con l’ Inti Raimi consacrato al dio solare Inti, massima espressione della religione incaica. Passando per i siti archeologici di Moray e il vicino Maras con la suggestiva riserva di Aguada Blanca y Salinas si scende lungo il rio Urubamba nella foresta popolata dai Machiguengas, seguendo gli itinerari che invano cercarono la leggendaria ciudad perdida di Paititi. Le leggende indigene che la raccontano portano ad altri itinerari nel Paucartambo o dall’amazzonico Puerto Maldonado lungo il rio Amaru Mayu ribattezzato Madre de Dios , incrociando il parque del Manu e la lussureggiante riserva Tambopata. Tornando sulla cordillera Vilcanota si riprende la via andina attraversando il maestoso Canyon con i villaggi tra le gole del Colca si scende per la colonial ciudad blanca di Arequipa e poi tra le comunità indios a ritrovarne le leggende e i miti tramandati dell’ Ayni, gli antichi culti e le pratiche degli sciamani giungendo a Puno sul grande lago Titicaca dove si lascia il Peru e si entra in Bolivia. Sulle lacustri isole di totora galleggianti vivono gli Urus, altri indigeni di antica storia e nel resto del territorio i Quechua si spartiscono l’anima indigena con gli altri Figli del Sole Aymara. Anche qui tra loro è viva la memoria precolombiana con il più antico sito sudamericano di Tiahuanaco dall’ enigmatica Puerta del Sol e l’ammantato di misteri Pumapunku che alimentano leggende e tradizioni indigeni assieme ai resti della civiltà costiera Huari.
“Donde fue Tihuantisuyo,/nacían los indios./Llegábamos a la puna/con danzas, con himnos…./ Regresa a tu Pachacamac, En-Vano-Venido,/Indio loco, Indio que nace,/pájaro perdido!” Mi recitavano in canto sommesso gli indios di un villaggio andino sperduto per raccontarmi le pene d’ un tempo che scompare.
Foto reportages: Peru Bolivia | Via delle Ande